Secondo i dati forniti dall'Anfia, nel 2012 lo Stato ha prelevato da chi guida 72,73 miliardi di euro, il 3,8% in più rispetto al 2011. Il presidente dell'ente: "L'incidenza sul Pil continua ad essere la più elevata tra i principali Paesi europei: da noi è del 4,4% contro il 3,3% medio”
Nel 2012 lo Stato ha prelevato dall’auto tasse per 72,73 miliardi di euro. L’ha comunicato Anfia, che rappresenta in Italia l’industria automobilistica. Il dato, in crescita del 3,8% sul 2011, indica che i maggiori contribuenti sono gli automobilisti. “Purtroppo – ha dichiarato il presidente Anfia Roberto Vavassori – in soli 4 anni la fiscalità sull’auto ha contribuito per l’1% in più al gettito complessivo, dal 16% del 2009 al 17%. La sua incidenza sul Pil continua ad essere la più elevata tra i principali Paesi europei: da noi è del 4,4% contro il 3,3% medio”.
Secondo Anfia è dall’utilizzo dell’auto che arriva la maggior parte del gettito: 59,5 miliardi di euro, l’81,8% del totale. Il dato è in crescita del 6% sul 2011 principalmente per i ritocchi delle accise e dell’Iva (salita dal 20 al 21%) che hanno rincarato i carburanti. E’ significativo che a quel 6% in più si è giunti nonostante sia scesa di oltre 1.000 km la percorrenza annua pro-veicolo e siano crollati i consumi di carburante: benzina -16% e gasolio -9,3%. Al secondo posto c’è il gettito dall’acquisto (Iva e Ipt), pari al 9,4% per 6,87 miliardi di euro, sceso del 13,7% sul 2011 per le mancate vendite di veicoli, mentre al terzo posto ci sono le citate tasse sul possesso.
Anfia ha avanzato anche proposte anti-crisi. Per esempio, l’abolizione del superbollo che genera distorsioni senza produrre un vero gettito aggiuntivo, la “riduzione intelligente delle accise sui carburanti” e l’abbassamento dei premi assicurativi “ormai insostenibili”. Inoltre, andrebbero diffuse le tecnologie per diminuire la congestione stradale, con benefici per consumi di carburante e tariffe assicurative. Infine, Vavassori ha citato il Codice della Strada, che obbliga le amministrazioni locali a spendere almeno il 50% dei proventi delle multe per la sicurezza stradale agendo su manutenzione, segnaletica e controlli, attività che possono diminuire i costi, anche sociali, dell’uso del veicolo. Ricordando che oggi non c’è un sistema per verificare che il Codice sia rispettato dagli enti, Vavassori ha dichiarato che “i produttori aumentano la sicurezza dei veicoli per ridurre incidentalità e mortalità sulle strade, ma quelle italiane restano sotto gli standard europei e nel confronto perdiamo competitività”.