Cucina

Masterchef, Bruno Barbieri da Londra a Bologna: “Riparto da una trattoria”

Lo chef 7 stelle Michelin e giudice ufficiale della competizione gastronomica ha deciso di lasciare l'Inghilterra e aprire un ristorante sotto le Due Torri: "Voglio tornare ad essere un battitore libero"

di Davide Turrini

Altro che cervelli in fuga. Per il cuoco felsineo Bruno Barbieri, 7 stelle Michelin, cervello (e portafoglio) da Londra rientrano in Italia, più precisamente a Bologna. Il collega di Carlo Cracco a Masterchef, dopo poco più di un anno di compartecipazione nel ristorante inglese Cotidie, rompe gli indugi e prova a riaprire una trattoria retrò nel cuore del capoluogo emiliano: “In Inghilterra ci sono troppi compromessi sulle materie prime e sui prezzi per lavorare”.

“Un’esperienza importante quella di Londra che mi ha fatto capire molte cose”, ha spiegato lo chef originario di Minerbio al Gambero Rosso, “La capitale inglese non è New York, se vai in alcuni ristoranti italiani nella Grande Mela mangi come in Italia, l’America ha aperto tanto tempo fa le porte alla cucina italiana, a Londra non è così”.

I cahiers de doleances è lungo e articolato: “I costi erano proibitivi: 25 mila sterline al mese solo di affitto, importavamo ogni prodotto. E poi c’era la gestione del personale, che lì ha un approccio ministeriale che per me è improponibile: se il ristorante è pieno non si può andar via anche se il proprio turno è finito. È un lavoro che si fa con passione”.

Venduta la quota del ristorante londinese, l’affermato chef ha già in mente un ritorno alle origini: “Vorrei partire da una vecchia trattoria anni sessanta, riprendere cose andate un po’ nel dimenticatoio e lasciarmi alle spalle tutti quei dettagli e gli obblighi che l’alta ristorazione porta con sé, dal tovagliato alla cantina sterminata a tutto il resto. Oggi la ristorazione deve essere alla portata di tutti. E io ho voglia di un posto intimo, più facile”.

Tortellini, salumi, i piatti tradizionali della bassa emiliana, “sì, ma con un tocco un po’ più moderno e contaminato a modo mio”, racconta l’idea di fondo della nuova avventura culinaria, “voglio tornare ai prodotti che non mangiamo più, ai piatti che capisci anche se non sai niente di scienza dell’alimentazione, enologia, teoria della percezione come la trattoria di Elia Rizzo a Verona”.

Infine una gran voglia di libertà creativa, ma anche imprenditoriale e culturale: “Voglio tornare ad essere battitore libero come ho sempre fatto, dal Trigabolo in poi. Voglio fare le cose che mi piacciono. E se decido di chiudere una settimana devo poterlo fare. Bisogna tagliare tutto il superfluo: locali lussuosi e centrali, menu giganteschi, cantine sterminate, tovagliato di lusso, o 10 tipi di pane diversi. Ne voglio uno solo, stupendo, ogni giorno. E stop. Altrimenti sei obbligato a fare altre mille cose per sostenere le spese. Non mi vedo ad arrivare a 85 anni in cucina, come Marchesi”.

Le trattative per il nuovo locale sono già ampiamente avviate. Il 2014, anno chiave per il settore agroalimentare, basti pensare al possibile avvio dell’Eataly World di Farinetti e Segré al Caab di Bologna, sarà il momento in cui anche Barbieri tornerà a cucinare tra le mura amiche: “Me lo immagino intimo con piatti e posate scompagnati, mobili anni cinquanta. Non vorrei neanche il telefono per prenotare: vieni e se c’è posto mangi, altrimenti no. Oppure chiami al negozio accanto, se proprio devi. Una cosa più rilassata, dove se per una sera non ci sono non muore nessuno e la gente viene e sta tranquilla”.

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