“Santo Padre Francesco, io non ho mai riciclato denaro sporco e non ho mai rubato, ho vissuto sempre con dignità il mio ministero sacerdotale, cercando di aiutare tutti coloro che richiedevano aiuto, visto che la provvidenza è stata tanto, tanto generosa con me”. Inizia così la lettera di tre pagine scritta a Bergoglio da monsignor Nunzio Scarano, ex capocontabile dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), il 20 luglio scorso nel carcere di Regina Coeli, dove il sacerdote è detenuto dal 28 giugno nell’ambito dell’inchiesta sul fallito tentativo di rimpatrio dalla Svizzera di venti milioni di euro riconducibili agli imprenditori napoletani D’Amico.

Nella missiva Scarano scrive che la documentazione in suo possesso dovrebbe aiutarlo a dimostrare la sua innocenza e cita i porporati Stanislao Dziwisz, per quarant’anni segretario di Giovanni Paolo II e oggi arcivescovo di Cracovia, e Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio e fino al 2006 Segretario di Stato vaticano. “Circa la documentazione in mio possesso presso i miei legali – afferma il sacerdote – è prova della mia onestà e di tutte le battaglie fatte contro l’abuso dei miei superiori laici, ben coperti e protetti da alcuni signori cardinali… che erano e sono rimasti come ‘i famosi scheletri degli armadi’ e ben ricattati, usati e gestiti dai miei superiori laici”. “Io – scrive ancora Scarano al Papa – presso l’Apsa sessione straordinaria ero l’unico prete e ben poco mi era consentito di fare, pur avendo chiesto aiuto più volte al signor cardinale Stanislao Dziwisz, segretario personale del Papa Giovanni Paolo II. Poi chiesi udienza al cardinale Angelo Sodano, ma l’astuto e furbo monsignor Giorgio Stoppa riuscì a non farmi ricevere e per giunta punirmi spostandomi in un altro ufficio e facendomi continuamente controllare… perché?”. 

“Santità – prosegue il sacerdote – non voglio approfittare della sua bontà spero solo di poterle consegnare ‘segretamente’ il mio plico di documenti che comprovano quanto detto e rafforzano fortemente il suo grande e coraggioso operato per riordinare finalmente la triste realtà amministrativa, economica e finanziaria della Santa Sede e tutti gli abusi annessi e connessi”. Il monsignore salernitano nella sua lettera sottolinea anche che presso lo Ior “non esiste alcun conto corrente cointestato con l’armatore Cesare D’Amico e mai mi hanno fatto simile richiesta”. E sul suo conto corrente presso la banca vaticana Scarano scrive che “le mie operazioni bancarie presso lo Ior sono state fatte sempre sotto consiglio della direzione dei signori dirigenti e giammai ho abusato di cortesie o cose di altro genere. Sempre tutto secondo la legge canonica dello Ior”.

“Tutto il denaro ricevuto – afferma il monsignore – come donazione dagli armatori D’Amico, Paolo e Cesare, famiglia nella quale io sono cresciuto fin dalla mia prima giovinezza, e per la quale c’è sempre stata una stima e fiducia reciproca, l’ho ricevuto sempre e soltanto da loro bonifici sul conto corrente Fondo artigiani, con il cui denaro è stata realizzata a Salerno la casa dei vecchi abbandonati e senza fissa dimora, circa settanta camere da letto, poi successivamente, presso il seminario Giovanni Paolo II, da lui inaugurato, furono donati da me con gli armatori D’Amico, i campi sportivi, un viale alberato e gli spogliatoi”.

“Successivamente – prosegue ancora Scarano – presso la cattedrale di San Matteo di Salerno fu realizzata e ripristinata con un restauro prezioso e storico dai fratelli Savi, Pietro e Claudio, molto amici di monsignor Paolo De Nicolò, il sarcofago di Papa San Gregorio VII da tutto il mondo ammirato per la sua bellezza e io poi feci dono della croce pettorale del Santo Papa Gregorio VII che mi fu donata dal carissimo amico sua eccellenza Oriano Quilici, già in paradiso. Segue poi un’altra piccola e preziosa opera presso l’ospedale San Leonardo di Salerno, assieme ad altri amici medici una splendida sala di attesa, con l’angolo cottura, bagni e posti letto con poltrone per i famigliari dei malati ricoverati presso la rianimazione, luogo molto triste e tanto doloroso, dove il mio papà finì nel 1995″.

“Santità – conclude Scarano – molto di quel denaro usato presso lo Ior, risparmi personali, donazioni, frutto del mio ministero sacerdotale e della mia famiglia, sono stati prelevati e spesi per quanto sopra detto e confermato e dimostrabile. Sono stato barelliere a Lourdes per ventisei anni e miracolato di un brutto male all’età di diciassette anni e più volte operato. Conosco la sofferenza fisica e il dolore che si prova nel curare i malati avendo fatto volontariato in ospedale negli otto anni prima di iniziare il mio lavoro in Vaticano. Per questo motivo risparmiavo e conservavo grazie ai miei benefattori quel denaro che, presto, avrei dovuto e fortemente desiderato, iniziare a costruire una casa per i malati terminali in Salerno, per quelle persone che non hanno la possibilità di essere curate nella fase ultima della loro vita e presso le loro famiglie ormai distrutte dal dolore, visto che gli ospedali rifiutano i malati terminali”. 

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