Ieri, per Il Fatto Quotidiano, ho intervistato Jerry Calà. Un artista che non ho mai amato particolarmente, e che anzi non mi ha mai fatto ridere, ma che ha ovviamente molte cose da raccontare (e che ha ancora un grande successo, soprattutto dal vivo).
Un’intervista credo divertente, con una persona gentile e disponibile. Tanti aneddoti, da Mario Monicelli a Marco Ferreri. E’ stata ripresa da vari siti e giornali, anche stamattina dal Foglio in un articolo particolarmente azzeccato.
L’intervista ha avuto anche un’appendice surreale, quando Calà su Twitter si è zelantemente scusato con Flavio Briatore per alcune frasi (peraltro garbatissime) presenti nell’intervista.
Ovviamente ha dato la colpa a me. “I giornalisti scrivono quello che vogliono loro lo dovresti sapere bene“. Più che altro, caro Calà, alcuni giornalisti (tipo me) trascrivono quello che sentono. E cioè, nello specifico, che Briatore prestò a Calà il Billionaire con molta gentilezza per il film Vita smeralda, senza però capire bene che quel film attaccava proprio il mondo di Briatore. (Calà, nella chiacchierata, ha poi tenuto a rimarcare come il suo nuovo locale, chiamato proprio “Vita smeralda”, sia nato anche per non avere i soliti clienti “ricconi cafoni e puzzoni”. Ovvero la clientela tipica di Briatore). Voi direte: sticazzi. Sono d’accordo. Sticazzi.
Vi parlo però dell’intervista a Calà per un altro motivo. Qual era la notizia “forte”? Che Calà, in qualità di berlusconiano un po’ deluso, si dichiarava “un po’ di destra e un po’ di sinistra, come questo governo“. Diceva di non amare per nulla “il populismo dei grillini”.
E affermava che il politico che più gli piaceva era Matteo Renzi. Ecco: la notizia è questa. Ovviamente non una notizia epocale, figurarsi. Ma sintomatica, sì. Il pubblico di Renzi è anche (non solo: anche) quello incarnato dai Calà o dai Costacurta, non a caso un altro suo supporter: ovvero l’ex rampante, lo yuppie nostalgico, l’uomo che si è fatto da sé, l’ex berlusconiano fighetto approssimativo ideologicamente ma arrivista e ambizioso. Renzi è – era: ormai sta perdendo treni in continuazione – il “vincente della sinistra” pur piacendo anzitutto alla destra, o alla quasi destra. I renziani (permalosissimi) si arrabbiano quando gli ricordi le similitudini del loro Luis Miguel di riferimento con il Caimano, ma è un mero dato di fatto.
E anche qui sta il contrappasso terribile del Pd: per vincere, o per provare a farlo, deve consegnarsi (assai riottosamente) a un uomo stimato anzitutto da chi è sempre stato guardato come “male” e “nemico” dalla sinistra italiana. E’ naturale che a Calà piaccia Renzi.
Chi si somiglia, si piglia. Renzi(e) incarna esattamente il vincente edonista e disimpegnato in voga negli Ottanta: il post-Fonzie paninaro e gggiovane, vagamente ribelle ma più che altro rassicurante, tutt’altro che fisicamente affascinante ma comunque e pur sempre figo: misteriosamente e a prescindere. Come Calà nei suoi film.
Se Renzi avesse fatto il comico, sarebbe stato Enzo Braschi al Drive In. Se Renzi avesse fatto il cantante, avrebbe composto (parola grossa) Vamos a la playa. Se Renzi avesse fatto l’attore, sarebbe stato Calà in Sapore di mare. Sognando però la parte di Massimo Ciavarro nel sequel. Secondo me, a settembre, quando correrà per il ruolo di segretario, lo slogan di Matteo Renzi sarà: “Il mio Pd. Per una libidine coi fiocchi“. Oppure. “Vota Matteo. Capitttttooo??“.