La curia vuole rimuovere don Giorgio De Capitani, parroco dissidente della provincia lombarda. Un mese fa ha ricevuto una lettera dalla Congregazione del Clero di Roma che gli imponeva di rimuovere dal suo sito gli articoli sul Cavaliere
“I motivi del trasferimento? Non so se c’entra la politica. Ma un mese fa mi avevano imposto di rimuovere tutti gli articoli sul mio sito che riguardano Silvio Berlusconi”. Don Giorgio De Capitani, parroco della chiesa di Sant’Ambrogio in Monte di Rovagnate (Lecco), dovrà così lasciare la sua comunità per essere trasferito altrove. Dove non si sa. Sacerdote “dissidente” e pacifista (aveva pubblicato su Facebook un appello per chiedere la celebrazione dei funerali di Vittorio Arrigoni nel Duomo di Milano), ha sempre rivolto accuse pesanti contro il Cavaliere (“Da anni sto dicendo che è un porco, corrotto e corruttore, pederasta, criminale, stragista! Va’ all’inferno, subito!”, “Non uccidete per favore Berlusconi: lo rendereste un martire o un simbolo”), la Lega Nord (“analfabeta culturale”, “La Lega gli occhi ce li ha sul culo: vede solo ciò che la società espelle di brutto, e vorrebbe farne un cibo succulento per i suoi milioni di zombi”) e il Vaticano (“Il sesso è stato strumentalizzato dalla Chiesa, e non solo dalla Chiesa, come arma per soggiogare i fedeli”, “Anche il Vaticano è un puttanaio?”).
La richiesta di trasferimento del sacerdote arriva però a 75 anni, età fissata dal diritto canonico per le dimissioni dagli incarichi pastorali dai quali, peraltro, era già stato sollevato tre anni fa. Tutto regolare, quindi, se non fosse che l’avvicendamento giunge a un mese dalla ricezione di una lettera direttamente da Roma. “Il vicario episcopale di Lecco, monsignor Maurizio Rolla, – racconta don Giorgio- è venuto qui e mi ha letto una lettera della Congregazione del Clero. Mi chiedeva di togliere tutti gli articoli che riguardavano l’ex premier perché inciterei all’odio. Gli ho chiesto di lasciarmela perché l’avrei postata online per spiegare la rimozione dei contenuti ai miei lettori, ma non lo ha fatto. E io non ho cancellato nulla”. Negli anni scorsi il sacerdote è stato criticato più volte, anche dalla politica. Nel 2009, ad esempio, il medico del Cavaliere Alberto Zangrillo andò ad assistere a una sua messa. Interruppe la celebrazione per dirgli: “Si vergogni, lei sta facendo terrorismo”. Un episodio di cui si interessò anche l’allora viceministro delle infrastrutture Roberto Castelli, che chiese “un segnale ufficiale” alla diocesi di Milano, allora guidata Dionigi Tettamanzi, contro don Giorgio.
Qualche settimana dopo la lettera della Congregazione del Clero, il vicario generale don Mario Delpini gli comunica l’intenzione del trasferimento. Gli offrono anche di rimanere, ma solo a determinate condizioni (“solo se avessi taciuto e avrei dovuto fare il tappabuchi”, spiega don Giorgio) che per il sacerdote sono “inaccettabili”. La controproposta: “Mi danno la possibilità di dire messa alla domenica in un paese qui vicino e basta. Basta, ho compiuto 75 anni e quindi sono in pensione”. E dove andrà a stare? “Non so, prenderò un appartamento”. Il punto, osserva, è la conduzione dell’attività pastorale che ai “vertici” non piace. “Loro dicono che bisognerebbe rientrare nello schema di una comunità strettamente religiosa e tradizionalista. Ma io sono in linea con Papa Francesco. La diocesi di Milano, invece, ha in mente un altro tipo di Chiesa”. Quindi cosa farà? “Me ne andrò perché voglio obbedire ma non posso tacere – dice -. Mi piacerebbe che il Papa e il nostro Vescovo riunissero tutti i preti dissidenti e li ascoltassero”.
Finora la lettera di trasferimento non è ancora arrivata, ma Don Giorgio la aspetta per settembre, ottobre al più tardi. Anche se “i suoi” si opporranno. “Quando la riceverò non potrò fare altro che andarmene, non sono in casa mia. Ma non è detta l’ultima parola. La gente, la comunità, è preoccupata perché sarebbe un ritorno al passato, una regressione rispetto al lavoro che abbiamo fatto insieme. La curia – precisa – non me li dice i veri motivi. Scriveremo una lettera al cardinale, se mai la vorrà leggere. Chiederemo un colloquio col vicario generale. La rabbia è troppa”. La domanda però rimane: “Perché – conclude – mi chiedono di rimuovere solo gli articoli che riguardano Berlusconi? E tutti gli altri?”