Nonostante le pernacchie e le ingiurie, alcuni giornali, ad esempio La Stampa, hanno dovuto riconoscere che la tattica dell’ostruzionismo parlamentare è radicata nella democrazia italiana tanto da dover citare alcuni nomi celebri dell’opposizione. Il record, si sa, è attribuito a Marco Boato, ex di Lotta continua, poi deputato radicale e infine verde che parlò per 18 ore e 5 minuti. Massimo Teodori, anch’egli storico esponente radicale, sostiene, invece, che il record lo abbia raggiunto lui, con 18 ore e 20 minuti. A rendere celebre questa tattica sono stati i radicali negli anni 70 e inizio 80 anche se gli inventori sono stati i socialisti di Bissolati che importarono la tattica del “filibustering” dai liberali inglesi che alla Camera dei Comuni arrivavano anche a leggere la Bibbia.
Nel dopoguerra a sfruttare l’ostruzionismo sono stati i comunisti, i “padri” politici dell’attuale Presidente della Repubblica e del partito di governo. Tra di loro si distingueva Giancarlo Pajetta capace non solo di nobile logorrea ma dedito anche allo scontro fisico. Come ricorda Aldo Cazzullo sul Corriere, citando il proprio stesso giornale, “all’ improvviso ecco balzare alto sulla mischia Giuliano Pajetta che, partito come un razzo dal terzo settore, con tre balzi aerei è piombato a tuffo nel groviglio di teste, di braccia e di gambe, e in quel groviglio sparisce inghiottito…”.
Per capire di cosa parliamo, vale la pena di citare ancora Cazzullo che riportava le parole di un Andreotti d’annata: “Razzolavano male; nel ’51 scambiarono i corpi di difesa civile dai terremoti voluti da Scelba con squadroni governativi; però predicavano benissimo. In Parlamento dominava ancora l’oratoria forense, si evocavano ‘ponti fra cielo e terra’ e ‘i garofani bianchi dei nostri vent’ anni’. Tra i comunisti invece c’erano grandi oratori, come Giancarlo Pajetta, Renzo Laconi, Vincenzo La Rocca, che interveniva ogni giorno attingendo alla tradizione del teatro napoletano”.
Nobile arte parlamentare, dunque, che ha sorretto battaglie storiche come quella contro la “legge truffa” nel ’53 o contro la modifica della scala mobile nell’85. Contro l’ordinamento delle Regioni si scagliò invece il Movimento sociale di Giorgio Almirante detto anche “vescica di ferro” per la sua capacità di parlare ore senza andare al bagno. Contro il divorzio anche i deputati Dc si iscrissero tutti a parlare. Negli anni 80 sarà Bettino Craxi a far cambiare i regolamenti per contingentare i tempi e imbrigliare le intemperanze delle opposizioni.
Fin qui la storia parlamentare. Ma se a ricorrere al “filibustering” sono i Cinque stelle, ecco che scattano derisione e dileggio. Su Twitter, il deputato di Scelta Civica, Andrea Romano, già collaboratore di Massimo D’Alema, definisce i discorsi ascoltati in aula come un “mix di dietrologie, banalità e propaganda mediocre”. Come se nell’ostruzionismo si dovesse fare ricorso a chissà quali contenuti (Teodori arrivò a leggere Dante). Massimo Franco, sul Corriere della Sera, è invece più secco e ostile. L’ostruzionismo, scrive, “sta rallentando i lavori della Camera e provocando uno spreco di denaro pubblico. E acuisce il sospetto che le truppe di Beppe Grillo contribuiscano all’ingovernabilità invece di proporsi come alternativa e offrire soluzioni”.
Eppure, pochi hanno rilevato che con questa tattica il Movimento 5Stelle si è finalmente dato alla politica parlamentare. Ha sollevato un problema dirimente – la destrutturazione della Costituzione a colpi di comitati riservati – rendendolo di pubblico dominio, ha sollecitato i partiti di governo, costretto l’opposizione di Sel a svegliarsi, ha agito, insomma, come un vero soggetto politico.
Non sappiamo quanto durerà. Beppe Grillo ci ha abituato a modalità di lavoro instabili e incerte e la fase di instabilità del movimento, che è seguita alla sconfitta subita su Stefano Rodotà – sconfitta che il Pd ha inferto alla democrazia – ha portato a una flessione elettorale che ora sembra essersi arrestata. Se non avesse commesso gli errori fatti finora – cui va concessa l’attenuante dell’inesperienza e della difficoltà a padroneggiare un successo come quello del 26 febbraio – oggi i Cinque Stelle sarebbero di gran lunga il primo partito. L’inattività, se non la pericolosità, del governo Letta, i balletti di Pd e Pdl, le risse, l’arrocco partitico compiuto dal governo delle larghe intese, ha infatti concesso loro un campo sterminato di iniziativa politica. Non del tutto sfruttato e non del tutto compreso. Con l’ostruzionismo ci è sembrato di assistere a un cambio di passo. Vedremo se durerà.
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