Qualche indicazione ma soprattutto tanta polemica sulle regole delle prossime primarie, con i renziani in rivolta. Questo l’esito – mancato – dell’attesa Direzione del Partito Democratico. Il voto, infatti, non c’è stato: troppo pericoloso andare alla conta in un simile clima di tensione. Guglielmo Epifani, segretario del Partito Democratico, ha infatti rotto gli indugi indicando le date della prossima Assemblea nazionale (il 14 settembre) e del Congresso (entro novembre, probabilmente il 24), ribadendo l’intenzione di separare le figure di segretario e quella di candidato premier. “Tagliamo la testa al toro: anche se non mi spetta, la mia indicazione è di fare il congresso entro novembre”, ha detto Epifani, aggiungendo che “serve una figura di segretario rivolta prevalentemente all’impegno sul partito”. Parole confermate anche da Enrico Letta: “Serve un segretario che faccia il segretario e che lavori a preparare un partito che quando ci saranno le nuove condizioni sia pronto a vincere”, ha detto il presidente del Consiglio. Ma quanto detto da segretario e premier sembra andare esattamente in direzione opposta a quanto chiesto da Matteo Renzi, che nelle scorse settimane aveva auspicato che il segretario, scelto con le primarie, fosse poi anche candidato premier alle prossime elezioni.
Anche perché è proprio sulle regole delle primarie che il partito si è nuovamente spaccato. Secondo Dario Franceschini (che ha anche fissato la data del Congresso all’ultima domenica di novembre, il 24), “per il candidato premier servono primarie aperte, senza albo”, mentre il segretario del Pd dev’essere “eletto da aderenti nel modo più coinvolgente possibile”. Questa l’idea di Franceschini, che ha ricevuto il sostegno anche di Piero Fassino: “Condivido la proposta. Le primarie per il premier siano le più aperte possibile. Per il segretario invece serve un altro grado di legittimazione”. E sull’ipotesi che a votare per il nuovo segretario siano solo gli iscritti – contrariamente anche da quanto accaduto in passato nel 2009, quando a votare furono gli iscritti ma anche chi sottoscriveva una richiesta di registrazione) – si è scatenato il caos. In attesa di un commento di Matteo Renzi, i renziani si sono schierati compatti sul piede di guerra. Roberto Giachetti ha ironizzato su Twitter: “Franceschini è troppo spregiudicato. Per elezione segretario mi limiterei più prudentemente a dipendenti Pd e staff ministri”. “Epifani per le primarie suggerisce una platea più ristretta. Propongo che votino solo Bersani, Stumpo e Zoggia”, ha fatto eco Angelo Rughetti. Mentre per Andrea Marcucci “alla direzione Pd hanno già dimenticato la batosta delle ultime elezioni e si predispongono ad incassare la prossima”, ha fatto eco. Parole che lasciano presagire un voto contrario alla fine della direzione, a cui potrebbero accodarsi anche altre correnti. Voto, però, che non si è tenuto in giornata: dopo l’intervento di Enrico Letta i parlamentari sono tornati in Aula, la conclusione è rimandata alla prossima riunione, come aveva proposto Gianni Cuperlo: “Se non c’è accordo non si voti oggi”.
Non sono solo i renziani, infatti, ad essere rimasti insoddisfatti dalle proposte di Epifani e Franceschini. “Per quanto mi riguarda penso che il segretario lo debbano scegliere gli elettori, anche se poi si candidasse a premier qualcun altro. Per un miliardo di motivi, a cominciare dal fatto che il Pd dovrebbe aprirsi e realizzarsi, non chiudersi e stravolgersi”, ha commentato sul suo blog Pippo Civati, già in corsa per la segreteria. Anche per Gianni Pittella, “un congresso chiuso sarebbe devastante”. E Cuperlo, altro candidato, ha aggiunto: “Se dobbiamo cambiare le regole facciamolo insieme”, ricevendo gli applausi di Matteo Renzi, seduto in platea. Proprio a Renzi si è rivolto in tono polemico Beppe Fioroni, che invece condivide la restrizione del voto sul segretario: “Le primarie per l’elezione del segretario non dico debbano essere ristrette solo agli iscritti ma almeno a chi è certo che non odia il Pd”.
Contrari anche giovani turchi e prodiani. Per Matteo Orfini “la proposta sulle regole avanzata da Epifani non va bene. In un momento difficilissimo per il Pd non possiamo chiuderci nelle nostre paure”. Sandro Gozi si dice “soddisfatto perché abbiamo fissato una data entro la fine di novembre, ma credo che la platea per la scelta del segretario debba essere assolutamente aperta, non riservata agli iscritti se vogliamo mantenere la missione originaria del Pd”. Per Luigi Zanda, capogruppo Pd al Senato, “chiudere il partito è inaccettabile”. Per l’ex segretario, Pierluigi Bersani, non si tratta però di una chiusura: “Il concetto è semplice: tutte le primarie sono aperte, ciascuno secondo la propria logica. Le primarie per il premier saranno aperte a chi si dichiara elettore del centrosinistra, le primarie per il segretario devono essere aperte a chi aderisce al Pd”.
Polemiche anche sulle tempistiche delle candidature: secondo Epifani, la “formalizzazione avverrà dopo i congressi di circoli provinciali e regionali”. Un timing che però non piace ai renziani, che da tempo chiedono che le candidature si possano presentare prima dell’avvio del congresso. Tutto il congresso, anche della parte locale. Con i sostenitori del sindaco di Firenze sembra essere quindi scontro su tutta la linea: “Non mi sembra spetti alla Direzione del Pd decidere, ma alla Assemblea nazionale“, scrive Rughetti.