Il ragazzo originario di Messina, 25 anni, e residente in Germania, si trovava a bordo del treno deragliato nei pressi della città gallega. Ad affermarlo è il ministero degli esteri italiano. Intanto il conducente Garzòn è ufficialmente agli arresti
Santiago de Campostela il giorno dopo è anche peggio. Da una parte le vittime. Dall’altra la dinamica dell’incidente. Finora i morti ufficiali sono 78, quasi tutti certificati con autopsia. Molti solo attraverso le impronte digitali. Due in meno rispetto a quanto annunciato ieri, secondo la scientifica. Gli altri, hanno detto gli agenti in conferenza stampa, sono “resti umani che si pensava appartenessero ad altre persone. Ma non è così”. L’obitorio improvvisato è al collasso. Le famiglie arrivano da tutta la Spagna, molte anche dall’estero: tra i corpi accertati ci sono anche un algerino, un messicano e uno statunitense. Poi c’è chi parla anche di un italiano, un giovane, Dario Lombardo, che viaggiava su quel treno.
In serata è arrivata la notizia della morte di Dario Lombardo, l’italiano a bordo del treno deragliato. Fino a poche ore prima, anche il console smentiva di avere notizie certe: “Sono a Santiago con i familiari, ma non c’è ancora alcuna conferma”, aveva spiegato il console onorario de La Coruña Francesco Milani al fattoquotidiano.it. “Ci sono alcuni indizi che fanno pensare che il ragazzo viaggiasse sul treno, alcuni amici sapevano che doveva arrivare, lo aspettavano. Sono stati loro a dare l’allarme”, quando il cellulare del ragazzo ha smesso di squillare. Del giovane di 25 anni, originario di Messina e residente in Germania, non si avevano più notizie. Nessuno, nemmeno i familiari, sapeva però con certezza se Dario avesse preso o meno quel treno verso Santiago. Per molte famiglie colpite dalla tragedia ieri è stato un giorno di ricerca. Ma anche di rabbia e incredulità. E soprattutto di indagine serrata per capire la dinamica dell’incidente.
Quando mercoledì, alle 20.41, il treno Alvia Madrid-Ferrol si avvicinava alla curva de A Grandeira, che si snoda a circa quattro chilometri dalla stazione di Santiago, un segnale, sui quadri di comando, avvertiva il macchinista di ridurre la velocità a 80 chilometri orari. Il tratto coperto dall’Ave (alta velocità) terminava e il treno abbandonava quella linea per un tracciato più vecchio, di quelli con le traverse di legno. È stato allora che il conducente, subito dopo il cambio, ha chiamato dal suo cellulare il servizio d’emergenza attivo 24 ore su 24 per avvertire: “Dovevo andare a 80, ma vado a 190”. Nella registrazione, già nelle mani del giudice, la frase risuona chiara e tonda. Il macchinista, Francisco José Garzón Amo, trent’anni d’esperienza alle spalle in Renfe, dieci come conduttore – uno in quella stessa tratta – si lascia scappare “poveri passeggeri” e “la he jodido (ho fatto un casino), speriamo non ci siano morti”. La compagnia Talgo, che controlla la velocità dei suoi convogli dall’interno, ieri confermava ufficiosamente alle autorità che il treno viaggiava “a estrema velocità”. Il macchinista, 57 anni, in fermo dalle 20 di giovedì sera e ora ufficialmente agli arresti, ha assicurato nella sua prima ricostruzione dei fatti che subito dopo il segnale apparso sui quadri di comando, aveva premuto un bottone per comunicare alla sala di controllo che aveva ricevuto l’avviso d’allerta. Ma perché allora non ha frenato? L’incognita rimane, per ora, racchiusa nelle due scatole nere, in possesso del giudice, non ancora ascoltate. Ma la polizia scientifica crede che l’incidente sia dovuto a una “imprudenza” del macchinista.
La Procura gallega ha ordinato alla polizia giudiziaria di raccogliere oggi una dichiarazione di Garzón Amo, in qualità d’imputato, nell’ospedale dove si trova, sorvegliato dagli agenti giudiziari. Ieri infatti l’interrogatorio è slittato per dare priorità all’identificazione dei cadaveri durante la notte del disastro. Il tracciato dove ha avuto luogo l’incidente non è sorvegliato dal sistema di sicurezza Ertms, che impedisce che un treno superi la velocità fissata. Quello che invece funzionava – o almeno avrebbe dovuto funzionare, nella linea – era il sistema Asfa, un dispositivo automatico che avvisa che si sta procedendo oltre il limite di velocità consentito e obbliga il macchinista a obbedire alle indicazione o in automatico attiva il freno d’emergenza fino all’arresto del convoglio. Ed è questo il punto su cui fa leva il sindicato dei macchinisti: “Si poteva evitare” l’incidente se il treno fosse stato ancora controllato dal sistema avanzato Ertms. Insomma, la linea di alta velocità Madrid-Ferrol, accusano i macchinisti, non è stata mai completata.