Nanni Moretti, è lui che mi viene incontro trenta minuti prima della fine del film che sta “andando” in Arena. Un’arena che quando la scorgo, appena si accendono le luci, è piena gremita di spettatori (523, per la precisione). Così, oltre a salirmi l’ansia per il dibattito, sale anche la gioia di vedere – finalmente – così tante persone appassionate al cinema italiano esordiente. Se questo avviene, ogni anno, dal 2002, è proprio per merito di chi questa rassegna, (Bimbi Belli al cinema Sacher di Roma) la pensa, la cura e la finanzia. Può sembrare piaggeria, sicuramente c’è chi non sarà d’accordo, o criticherà le scelte; la critica è sempre legittima quando non si trasforma in insulto o protesta sterile.

Però un punto vorrei ribadirlo: ci vuole la volontà per portare delle opere prime in sala, per quasi un mese intero. Certo, Nanni è Nanni. C’è, presenta insieme agli autori i film, dunque è un valore, ma è indubbio che rischi e tanto. In questo senso Moretti rimane coerente con le sue origini nel cercare di dare la visibilità e la voce necessaria agli autori debuttanti, come, un tempo, lui è stato. Nel girare un film con poche risorse, in cui la priorità era cercare di farlo. Punto.

“Marco” mi dice, “quanti ragazzi tra attori, registi e altri che vogliono lavorare nel cinema ci sono a Roma? Una marea. A vedere i loro film, quelli ai quali si dovrebbero interessare, pochissimi”. Infatti, quando si accendono le luci e partono le domande degli spettatori, non posso fare altro che condividere questa tesi. Senza generalizzare, ovviamente. Qualcuno dirà che non è questo il punto, che c’entra marginalmente. Siamo a luglio, c’è caldo. Posso anche essere d’accordo, non su luglio, sul fatto che non sia il problema centrale. Ma è un dato, io il mio film l’ho portato in tante sale, ho fatto tanti incontri, e i giovani scarseggiavano sempre nella totalità del pubblico presente.

Bisogna essere degli spettatori prima che dei registi. Vedere il cinema degli altri, cercarlo. Indipendente o no, fatto con tante o poche risorse, distribuito o introvabile se non per un unico passaggio, in quelle sale più scomode. Trovare i film nelle lunghe liste, spostarsi per guardarli, ascoltare le esperienze, i dibattiti. In una parola: sostenere, il cinema come gli autori. Perché è così che si alimenta una rete. Una rassegna o un festival servono sopratutto a questo, in maniera attiva, non viceversa. Non servono “solo” nel mostrare qualcosa, servono a insegnarci e a educarci a quel qualcosa.

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