Premesso che privilegio l’azione sociale collettiva e professionale (retribuita), esempi di impatto sociale individuale ce ne sono a ripetizione. Persone che hanno raggiunto significativi risultati nonostante le condizioni avverse (l’Italia, la politica, i trasporti, le multinazionali, il sistema), senza essere comode vittime dei ‘se’ (‘se’ avessi avito l’opportunità, ‘se’ fossi cresciuto in America, se, se se…) o del cinismo vigliacco di chi rinunciando, infanga.
Nel nostro settore infatti, quasi tutte le iniziative nascono da uno o due singoli imprenditori sociali, che tirano su una cooperativa sociale, una ONG, una associazione, un social business, come le tante esperienze contenute nei miei post precedenti in questo blog sul lavorare nel non profit e sul cambio vita.
Nel 1991 facevo tirocinio (poi prolungato in volontariato) come psicologo al reparto SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e cura) del Forlanini di Roma, con pazienti psichiatrici gravi e spesso cronicizzati. Ogni volta andavo a parlare con una paziente gravemente depressa, che non si alzava mai dal letto durante i nostri turni né mi rispondeva: praticamente la visita di cortesia consisteva in un mio (dolce) monologo con lei, spesso girata dall’altra parte o che guardava il soffitto. La capivo benissimo, sapevo bene cos’è una brutta depressione, e lei ne era devastata. Avevo imparato una dimensione dell’aiuto, quella di darlo senza aspettare risposte o successi, come sa ancor meglio chi lavora con i malati terminali e molto utile anche con i figli…adolescenti! Ma una volta che per impegni fui costretto a saltare il turno, la signora si alzò dal letto, andò dal responsabile del reparto e chiese di me. E neppure in seguito mi avrebbe rivolto parola. Si era stabilito un rapporto tacito e profondo di semplice prossimità e attenzione.
Vi chiedete ogni tanto ‘In che modo ho fatto la differenza per qualcuno o qualcosa?’,al di là della vostra sfera stretta? E’ possibile, alla portata di tutti, è solo necessario trovare quel minimo di tempi (nonostante figli, lavori, compagni e compagne…) per farlo.
Oggi social e piattaforme tecnologiche permettono il lusso della solidarietà, la organizzano al meglio, per esempio provata ad iscrivervi al sito Roma Altruista. Ancor più, in tempi di grave disoccupazione e vacanze più brevi, per uscire da sé, ritrovare maggiore senso e valore di noi stessi, continuare ad essere utili ed in gioco. Per i giovani e non solo un’esperienza di viaggio, lingue ed impegno sociale di ottimo livello si può fare tramite piattaforme quali quella dei colleghi inglesi di VSO, che mi sento di garantire, mentre in Italia esperienze, di qualità anche se a mio avviso molto costose, si possono progettare con http://www.projects-abroad.it/, o con le tante ONG che cercano volontari (purtroppo a proprie spese). Insomma, non avete più scuse, abbandonate i ‘se’ e attestatevi sui ‘nonostante’.
Oggi chiudo con una bella storia sull’importanza sul ruolo e l’impegno delle donne per lo sviluppo, raccontata da un collega, Sandro Calvani che di sviluppo se intende, in ‘un bambino alla volta’ : la storia di Veronica, imprenditrice sociale innovativa indonesiana. ‘Nel suo paese sconfinato di 1,9 milioni di chilometri quadrati (oltre sei volte l’Italia), con 18.000 isole e 237 milioni di abitanti, Veronica ha deciso nel 1999 di investire piccole somme di denaro, con il sistema del microcredito scommettendo sul fatto che le fasce più deboli come 2,4 milioni di bambini indonesiani che lavorano nelle fabbriche o nelle strade invece di essere a scuola, potrebbero divenire una risorsa per l’economia e la società. Il fatto che un bambino indonesiano ogni otto minuti abbandona la scuola era visto da Veronica come uno scandalo e un’enorme opportunità di innovazione sociale. Nel 1999 Veronica e la sua squadra di giovanissimi imprenditori www.ycab.org fecero i primi programmi per strappare 2000 ragazzi l’anno dall’emarginazione cui li condannava la loro estrema povertà ed analfabetismo. Quattordici anni dopo oltre due milioni di ragazzi sono stati protagonisti della migliore impresa sociale Indonesiana che ha anche ricevuto diversi premi delle Nazioni Unite e del World Economic Forum. Il rendimento di quegli investimenti è di circa il 50.000 % in termini di persone e l’indice di mora del micro-credito inferiore al 2%.’ E qui passiamo dal gesto volontario, non professionale e non retribuito, a quella bellissima forma di azione collettiva innovativa, retribuita e ad alto impatto sociale che è l’imprenditoria sociale. Quanti aspiranti ‘Veroniche’ ci sono tra i lettori? Fatevi avanti… ‘nonostante’ tutto!