“Chiediamo con forza che il Congresso si svolga nei tempi e nei modi fissati dallo Statuto, come nel 2009“. Un appello on line rivolto al segretario Guglielmo Epifani, e rilanciato tra gli altri da Pippo Civati, chiede di far celebrare il congresso nei tempi e soprattutto nei modi già stabiliti nello statuto del partito. La petizione ha subito raggiunto e superato quota 500 firme (attualmente sfiorano le 600) e sta vedendo aumentare il suo consenso. “Da iscritti o da elettori, sosterremo candidati diversi, anche in aperta contrapposizione tra loro – si legge nell’appello ospitato da change.org – Alcuni di noi pensano che il segretario nazionale del Pd debba essere anche il nostro candidato premier, altri che sia più utile tenere distinte le due figure. Una alternativa di cui certamente continueremo a discutere e che in ogni caso non può essere risolta una volta per tutte da una norma che rigidamente imponga una delle due soluzioni”.
E ancora: “Quando abbiamo fondato il Pd abbiamo scelto di dare valore alle regole della nostra democrazia interna. Perché il Pd non è un partito personale, di proprietà dei dirigenti pro tempore. E nel Pd quindi i dirigenti pro tempore non possono modificare le regole a piacimento“. La petizione, richiamando tempi e modi dell’approvazione del Porcellum, sottolinea: “Una segreteria di transizione e un gruppo dirigente eletto in un contesto ormai superato, a mandato concluso, non possono modificare lo Statuto. L’arbitro non può cambiare le regole nel momento in cui sarebbe invece suo dovere fischiare l’avvio di un confronto leale”. Secondo i firmatari “per convocare il Congresso non c’è bisogno del resto di complesse elaborazioni”. Viene quindi chiesto di approvare in direzione un ordine del giorno che si limita a richiamare gli articoli dello Statuto in cui è fissata la procedura per il rinnovo dei vertici del partiti (9 e 15) approvati nel 2009 e che porterebbe automaticamente alla convocazione delle primarie (e quindi del congresso) per il 27 ottobre.
Zanonato: “Alla gente non interessano le regole”
Certo, il tema sembra quello solito: la divisione del Pd e l’avvitamento su questioni che importano il giusto agli elettori. Concetto che esprime l’ex sindaco di Padova e ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato: “Io soffro quando vedo che invece dei problemi reali del Paese si parla delle questioni interne di un partito, che probabilmente alla gente interessano poco. Noi dobbiamo risolvere i problemi della gente ed il Pd è l’unica forza politica in grado di coniugare sviluppo economico ed equità sociale”. La conferma, sotto un profilo più “scientifico”, arriva dal sociologo e sondaggista Renato Mannheimer che all’Adnkronos dice: “Se il Pd insiste nel concentrare il dibattito interno sulle regole, e quindi sul potere, rispetto ai contenuti programmatici, rischia di indebolirsi agli occhi del suo elettorato”. Mannheimer sottolinea come al Partito democratico servirebbe “un leader forte, capace di imporsi e di trascinare il partito in un confronto sui programmi”.
I sindaci renziani: “Mossa scorretta e grottesca”
I sindaci renziani, ad ogni modo, si muovono come un sol’uomo. “Mossa scorretta, surreale e grottesca di un gruppo dirigente che ha la responsabilità di avere messo l’Italia nella situazione in cui si trova e che cerca ogni pretesto per impedire il ricambio al vertice del partito” dichiara Federico Berruti, sindaco di Savona. “Sono favorevole all’allargamento della partecipazione e al coinvolgimento del maggior numero possibile di cittadini che vogliano contribuire alle scelte per il futuro. Mi pare invece, al contrario, che si continui a discutere di chiusure e paletti per ridurre la partecipazione” sottolinea il sindaco di Vicenza Achille Variati. “La proposta di fare primarie solo per gli iscritti al Pd ci farebbe tornare alla prima Repubblica – spiega il sindaco di Forlì, Roberto Balzani – così come l’idea di distinguere candidato premier da segretario sarebbe una trappola, in cui si torna ai partitini che si mettono d’accordo e sono loro a scegliere il premier. Io invece credo che il Pd debba avere una vocazione maggioritaria e bipolare, inclusiva e che debba aspirare ad un maggiore protagonismo”.
Faraone: “Franceschini diceva che dovevano votare gli iscritti”
Davide Faraone attacca frontalmente il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. Scrive Faraone in una nota: “Mettiamo un po’ d’ordine nelle regole ma non rinunciamo alla scelta che abbiamo fatto alla nascita del Pd, di affidare agli iscritti le scelte del partito e l’elezione degli organi territoriali, affiancando a loro gli elettori, da chiamare nei momenti delle grandi scelte, com’è certamente l’elezione di un segretario nazionale. Non alziamo barriere”. Di chi sono queste parole? Non di Renzi, dice Faraone, bensì dello stesso Franceschini “nel documento che accompagnava la sua candidatura a segretario nel 2009”. “Basta leggersi – continua il deputato renziano – il suo documento per la candidatura per primarie a segretario nazionale del Partito democratico a cui ha partecipato nel 2009 per rendersi conto che il Franceschini pensiero sia cambiato radicalmente. Nel 2009 voleva primarie aperte, adesso chiuse. Perché ha cambiato idea? Forse governare insieme ad Alfano e Brunetta non fa poi così bene. E forse perché non pensa più ad un Pd di governo, ma ad un Pd che si adatti a questo governo…”.
Cofferati: “Un passo indietro incomprensibile”
Ma non solo i renziani protestano. Ieri si erano levate le voci critiche, tra gli altri, del capogruppo al Senato Luigi Zanda, ma anche altri come Rosy Bindi, Matteo Orfini, Sandro Gozi. E oggi interviene anche Sergio Cofferati: “Una giornata non positiva, anche se purtroppo largamente prevedibile. Un passo indietro incomprensibile che andava accuratamente evitato. Ora bisogna decidere il più in fretta possibile sia la data del congresso che le regole, anche perchè siamo in una emergenza economica che rischia di diventare emergenza sociale e quello deve essere il fronte prioritario dell’impegno: non può esserci una discussione che si prolunga oltre il ragionevole”.