Pioggia di lacrimogeni, fuga, poi ritorno. Dal primo pomeriggio di sabato si va avanti così sotto la sede dell’Assemblea Costituente. Al centro dell’attenzione e della tensione in Tunisia dopo i funerali di Mohamed Brahmi c’è l’iniziativa dell’opposizione per lo scioglimento del governo e dell’assemblea costituente tramite un presidio permanente davanti al palazzo del Bardo che la ospita.

Si cerca con questo sit-in di ripetere il successo che ebbe nel marzo 2011 l’analoga iniziativa denominata Kasbah quando migliaia di persone si accamparono giorno e notte nella piazza sotto la sede del Governo e riuscirono a determinare le dimissioni del primo governo provvisorio dopo la cacciata di Ben Ali. Allora l’attacco della polizia al presidio provocò una risposta solidale di massa che lo rafforzò. Questa volta la sfida è più complessa perchè riguarda un parlamento che è sì scaduto – come dice l’opposizione, ricordando che doveva durare un anno dall’ottobre 2011 – ma che comunque è stato eletto da milioni di tunisini e nel quale è rappresentata in particolare una forza, Ennahda, tutt’ altro che alle corde, anche se non più favorita dai sondaggi.

Di più: come ha ricordato in un discorso televisivo “alla nazione” il presidente della Assemblea Costituente Ben Jaffar, si è quasi a un passo dall’approvazione della Costituzione – confrontata anche con gli esperti dell’Unione Europea – e se si accellera anche sulla legge elettorale si potrebbe tornare alle urne entro l’anno. L’opposizione non si fida e soprattutto vuole rappresentare subito la voglia di alternativa. Anche se deve tener conto che l’opinione pubblica tunisina, in questo momento, vuole sì un cambio di governo ma innanzitutto non vuole trovarsi in uno scontro all’egiziana, e che l’esercito tunisino non prende iniziative politiche.

Tra i deputati contrari alla attuale maggioranza di governo detta della Troika (perchè comprende anche due partiti minori non islamisti, che esprimono il Presidente della Repubblica e quello dell’Assemblea Costituente) sta prendendo piede il “ritiro” dalla Assemblea. Per ora sarebbero 64 su 217 i deputati che intendono ritirarsi. Se si arrivasse a quota 73, cioè un terzo, si potrebbero inceppare i lavori.

Un gruppo oscillante tra maggioranza e opposizione, chiamato Alleanza Democratica, ha ipotizzato un compromesso: far terminare i lavori alla Costituente ma formando un governo nuovo di unità nazionale concordato con l’opposizione. Per ora però non sono previsti incontri o negoziati. Nelle città del centro sud, dopo il tramonto, continuano presìdi e manifestazioni.

Davanti all’Assemblea nazionale di Tunisi gli scontri vengono provocati dagli ultrà della cosiddetta Lega per la Protezione della Rivoluzione che milita attivamente contro l’opposizione laica. Tirano sassi contro le tende deglli oppositori spingendo la polizia a evacuarli col pretesto di evitare scontri diretti tra le parti. La Ugtt ha espresso solidarietà ai manifestanti ma solo domani lunedi deciderà se mobilitarsi di nuovo per appoggiarli o se promuovere un tentativo di negoziato, chiamando tutti i partiti attorno a un tavolo come già altre volte ha fatto.

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