Basta un titolo così, “E baci” e basta uno scrittore come Aldo Busi per convincere un editore a dire “lo voglio”. La nostra prima esperienza con un libro inedito è stata quella con Daniele Luttazzi. Un grande successo. Ed è nata ugualmente d’istinto. Non appena ho saputo che Luttazzi non aveva un editore per il suo libro inedito, “Lolito”, mi sono sentita semplicemente fortunata di essere capitata al posto giusto nel momento giusto. Adesso ci ricapita con un grande scrittore e intellettuale, Aldo Busi. Uno di quelli che hai paura a contattare perché sai che sbaglierai a parlare, a scrivere, a pensare. Perché la lingua e il pensiero vanno usate con criterio, consapevolezza e soprattutto conoscenza e studio.
Con Busi è molto meglio parlare un dialetto che parlare male la lingua ufficiale del Paese in cui vivi. Ma con Busi non puoi fingere. Non puoi far finta di sapere se non sai. Non puoi fare finta di aver letto se non hai letto. Ed è questo che mi ha fatto credere fosse perfetto per noi. La finzione non ci appartiene. Sbagliati o giusti, siamo comunque limpidi. E non c’è giornale migliore per uno scrittore come Aldo Busi, che ha bisogno di un certo polmone libertario e anticensorio per eccellenza per aprirsi nei suoi profondissimi respiri di libertà. Può dire tutto, persino parlare male di noi in “E baci“. Ma certamente non per uno sfogo irrazionale o vendicativo, ma per ricreare e conquistare, mettendone in luce i suoi punti e puntelli più deboli, quello spazio umano, civile, colto, che un autore come Busi è giusto che abbia. Il rispetto delle istituzioni, della nostra Costituzione, delle leggi, del lavoro, della giustizia, della correttezza nei rapporti fra persone, sono la base di “E baci“. Non c’è nulla di folle in Busi, a parte un ideale di democrazia assoluto e non solo a parole, ma nei fatti della sua vita stessa, di rara e incorrotta e incorruttibile integrità. Ma c’è la follia subita nei suoi racconti. La follia del Paese in cui viviamo.
Con questa iniziativa diamo forza nuovamente, e ancora di più, alla rete degli edicolanti, che sono un luogo, un punto, anche di vendita, al quale non chiediamo prenotazioni anticipate e pagamento anticipato. Chiediamo solo di starci vicino, di ricambiare i nostri sforzi per uscire ogni giorno con un giornale credibile e, pertanto, desiderabile, acquistabile, concepito per il lettore e non per inviare messaggi cifrati a un coprotagonista al potere, un giornale, in una parola, leggibile. Se Aldo Busi approda all’edicola con un inedito, vuol dire che qualcosa sta cambiando davvero senza che ce ne accorgiamo. Cambia l’Iva e ce ne accorgiamo. Cambiano le tasse e ce ne accorgiamo. Perché le paghiamo noi direttamente. Ma la crisi dei librai e degli edicolanti interessa forse a qualcuno? Chi sta aiutando questi operatori a sopravvivere? Lo Stato forse? Aumentando l’Iva sui collaterali? Un altro colpo alla cultura.
La rete del Fatto è l’edicola, perché siamo un giornale, viviamo di quotidiano in quotidiano. E la nostra rete di diffusione quotidiana ed empirica la difendiamo per difendere noi stessi anche se investiamo sulla rete telematica, empirica a modo suo ma non così drammaticamente ancorata al numero di copie vendute, giacenti, omaggiate o rese, aumentate o diminuite di un’edicola che ogni giorno deve conquistarsi il suo diritto alla sopravvivenza quasi fosse il riflesso esistenziale e civile di una redazione stampa. Siamo dunque felici di dare agli edicolanti la possibilità di vendere un inedito di un autore come Aldo Busi. È una di quelle cose che si può chiamare rivoluzione. Quella rivoluzione che Aldo Busi condivide perché così possiamo incontrarlo, alla mattina in edicola, chiedendo il suo “E baci”, senza che nessuno gli possa impedire di esserci o di permettergli di esserci ma, per l’appunto, debitamente censurato.
*di Cinzia Monteverdi, amministratore delegato Editoriale il Fatto spa