Smentita o non smentita, l’intervista di Silvio Berlusconi a Libero ha lasciato passare comunque il messaggio. Un messaggio spedito ai fedelissimi, a falchi e pitonesse, per suonare la carica, a dispetto di chi raccomanda prudenza (Gianni Letta, Fedele Confalonieri) perché il governo delle larghe intese deve restare in piedi, qualsiasi cosa succeda il 30 luglio con la sentenza della Cassazione sul processo Mediaset. La battaglia dura senza paura è la strategia del Pdl che descrive di nuovo oggi Il Giornale, quindi non pare del tutto inverosimile. Certo, lo stesso partito è diviso tra chi è prudente (Lupi: “Lo decideremo con Berlusconi”) e chi è già partito lancia in resta (Santanchè: “10 milioni di italiani non resteranno in silenzio”). Ma quello che si vorrebbe far intendere è che chi placa gli animi è lo stesso Berlusconi, che quindi indosserebbe una nuova veste di figura di garanzia, responsabilità ed equilibrio istituzionale. Lo dice per esempio l’ex presidente del Lazio Renata Polverini: “Berlusconi ci farà ragionare, ma non basterà”. La realtà tuttavia sembra diversa.
L’intero Pdl continua a far uscire dichiarazioni che intendono “avvisare” la Corte di Cassazione sull’importanza della sentenza che si prepara a pronunciare. Lui stesso, l’ex presidente del Consiglio, ha deciso di rompere il silenzio a due giorni dalla sentenza della Cassazione, al contrario di quanto aveva giurato. E al contrario di quanto gli raccomanda il suo avvocato, Franco Coppi, che non vorrebbe irritare i giudici della Suprema Corte. Per contro le pressioni continue del Popolo delle Libertà sembrano ormai far presa sull’opinione pubblica se è vero che l’ex legale di Giulio Andreotti ormai è visto come colui che può salvare non solo Berlusconi, ma in generale il governo e quindi il Paese. Definizione quest’ultima data non da uno dei giornali di famiglia, ma dalla Stampa. “Siamo abituati a lavorare su vicende che spesso hanno un grande clamore, che toccano materie sensibili – rassicura d’altro canto il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli – Questo può determinare una esposizione ai mezzi d’informazione, ma l’azione giudiziaria non può essere influenzata da questo tipo di situazioni”.
Di certo c’è che il Pdl non vuole vedere sminuita la vicenda Mediaset, tanto che il partito è saltato al collo della presidente della Camera Laura Boldrini, “colpevole” di aver definito il processo Mediaset “un singolo caso giudiziario”. Ad ogni modo il presidente del Consiglio Enrico Letta ribadisce quello che dice da settimane: “Non ho paura. L’Italia è più stabile di quanto ci si aspetti”. Dall’intero governo si cerca di mandare segnali di distensione: quelle di Berlusconi sono state “parole di grande responsabilità e penso che noi dobbiamo attenerci a quelle dichiarazioni” dice il ministro della Funzione Pubblica Giampiero D’Alia, “il governo non è a rischio” aggiunge il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri.
Ma a prescindere da come reagirà il Pdl i problemi politici, per paradosso, sono tutti all’interno del Partito Democratico. Perché se Berlusconi continua a giurare sostegno incondizionato al governo, larga parte del Pd non starà certo con le mani in mano se dovesse ritrovarsi a governare in alleanza con un partito il cui leader è stato condannato in via definitiva e interdetto dai pubblici uffici. “Il governo Letta non ha esaurito la sua funzione. Se cade ora, c’è il rischio di pesanti conseguenze con una possibile crisi sociale”, ma non si può andare avanti “a tutti i costi” dice il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda, intervistato dalla Stampa. Ma Zanda precisa: una condanna del Cavaliere non significherebbe, di per sé, la rottura del patto di governo col Cavaliere, ma se il Pdl avrà “reazioni eversive” l’alleanza “verrà meno”. “Sono settimane che dal Pdl si alzano voci che allarmano, ogni giorno c’è qualcuno che minaccia uno sfracello. La Cassazione non si è ancora riunita e già si annunciano rotture, ci si predispone a rese dei conti con la magistratura e chissà chi altro – sottolinea Zanda – In questo Paese abbiamo già assistito una volta all’occupazione di un Palazzo di giustizia e a reazioni di fatto eversive, successive a questa o quella sentenza. Ecco, di fronte ad atteggiamenti così non potremmo che prender atto del venir meno di elementi di principio costitutivi dello stare assieme”.
Il Pd comunque voterà l’esecuzione della sentenza se ci dovesse essere una condanna: “Se la Cassazione confermasse lasentenza di condanna e l’interdizione dai pubblici uffici di Berlusconi – conferma Vannino Chiti – il Parlamento si troverebbe semplicemente di fronte a una presa d’atto della sua decadenza dalla carica di senatore. Il Pd non potrebbe che votare favorevolmente”.
Resta poi la finestra di un rinvio di tutta la questione. Da una parte un eventuale rinvio in Corte d’Appello (con tempi fino al giugno 2014), dall’altra il rinvio dell’udienza stessa in Cassazione. Anche se per ora nessuna delle parti – né Berlusconi, né i suoi coimputati – ha avanzato a oggi una formale richiesta alla cancelleria della sezione feriale penale per ottenere uno slittamento di qualche settimana.