La magistratura tunisina ha decretato il non luogo a procedere nei confronti di Amina Sboui, la giovane attivista delle Femen accusata di oltraggio e diffamazione dopo aver denunciato maltrattamenti da parte di alcune guardie carcerarie. La giovane rimane però in carcere in attesa del rinvio a giudizio per “profanazione di tombe”. Amina, infatti, è stata arrestata lo scorso 19 maggio per aver scritto la parola “Femen” sul muro di un cimitero in Tunisia.
“E’ una vittoria, si è iniziato a capire chi è ingiustamente perseguitato”, ha detto l’avvocato di Amina, Ghazi Mrabet. “Sono contenta per questa decisione che mi rassicura per il futuro, ho ripreso fiducia nella giustizia”, ha detto la madre di Amina.
La giovane, che lo scorso marzo fece scandalo per aver postato su Facebook le sue foto in topless, alla maniera di protesta delle attiviste Femen, è stata incriminata il 22 luglio da un tribunale di M’saken (150km da Tunisi) dopo la denuncia di alcune guardie carcerarie contro la ragazza e un’altra detenuta.
La Difesa aveva chiesto l’assoluzione e l’annullamento delle incriminazioni per “gravi vizi di procedura”, affermando che si tratta di una “vicenda montata” dopo le rivelazioni fatte dalla stessa Amina su maltrattamenti e torture subite dai detenuti. L’attivista era stata arrestata due mesi fa a Kairouan (ritenuta la capitale dell’Islam della Tunisia) dove si era recata per manifestare contro i salafiti di Ansar al Sharia che dovevano tenere il loro raduno nazionale. Le manette sono scattate dopo che la giovane ha scritto la parola ‘Femen’ sul muro di un cimitero.
Condannata al pagamento di una multa di 300 dinari (circa 150 euro) per il possesso di una bomboletta di gas lacrimogeno, la giovane attivista rimane in carcere in attesa che la magistratura decida di una eventuale condanna per “profanazione di tombe” e “offesa al buon costume”.