“L’alveo naturale”, come l’ha chiamato il presidente del Consiglio Enrico Letta, è il Parlamento. E a Montecitorio c’è un tentativo trasversale di scardinare l’inerzia dei partiti su quella che da tutte le parti politiche (Quirinale compreso) e da diversi anni è definita “priorità”, ma che da anni resta lì integra e vigente: la legge elettorale. Letta ha ribadito che il governo vuole fare di tutto per modificare il Porcellum e d’altra parte Gaetano Quagliariello si è inimicato tutto il suo partito, il Pdl, perché è l’unico che nel centrodestra sembra volere – almeno a parole – cancellare la “porcata” firmata da Roberto Calderoli nel 2005. Il tentativo per far partire davvero un iter che porti al ritorno al Mattarellum, dunque, è sostenuto per il momento da 46 deputati. Il capofila Roberto Giachetti che alla fine della scorsa legislatura ha anche condotto due lunghi scioperi della fame perché si passasse finalmente ai fatti. Il parlamentare è seguito da altri renziani, ma anche prodiani, veltroniani, esponenti di Sinistra Ecologia e Libertà, Scelta Civica, Pdl (l’ex ministro Antonio Martino) e perfino Paola Pinna, deputata del Movimento Cinque Stelle. Alla base della richiesta dei firmatari la procedura d’urgenza in commissione per la cancellazione del Porcellum e il ritorno alla vecchia legge elettorale, basata in gran parte su un sistema maggioritario. Il tema sarà portato in conferenza dei capigruppo da Gennaro Migliore, presidente dei deputati di Sel. La decisione verrà presa mercoledì 31 luglio. Si intravede uno spiraglio perché nella maggioranza è emersa una disponibilità di massima a concedere l’urgenza. Ci starebbe addirittura il Pdl anche se detesta il Mattarellum e non vuole modifiche al Porcellum se non alla fine del processo di riforme costituzionali. Ma c’è la disponibilità a discuterne in commissione, dove si avrebbe un mese per il dibattito e il voto, anche se il termine può essere disatteso.
Certo, da una parte incombe la sentenza della Corte Costituzionale proprio sulla legge elettorale attesa per dicembre. Dall’altra restano le divisioni all’interno della maggioranza delle larghe intese visto che sempre in queste ore da un lato Mariastella Gelmini ribadisce che si può mettere mano al sistema elettorale solo alla fine del percorso del riassetto istituzionale, mentre Anna Finocchiaro arriva a dire che in caso di emergenza il governo può intervenire. A settembre, comunque si mettano le cose, il Partito democratico ha intenzione di avanzare la sua proposta per una modifica “di salvaguardia” del Porcellum. Sulla formula ci sarà probabilmente un dibattito interno. Ma i democratici sono determinati a portare a casa le modifiche prima della sentenza della Consulta. Impresa che, viste le distanze nella maggioranza, appare ardua.
Poi c’è il Movimento Cinque Stelle che si è sempre dichiarato favorevole a una cancellazione del Porcellum, tanto per cominciare. Ma il capogruppo al Senato Nicola Morra a Repubblica spiega: “Noi siamo tendenzialmente proporzionalisti e siamo per la reintroduzione della preferenza unica. Vogliamo organizzarla in modo da rendere il voto non controllabile. Quindi, ad esempio, penso a preferenze da barrare e non da scrivere per esteso”. Morra annuncia la presentazione, a settembre, di un modello di legge elettorale firmato dal M5S e in grado di mettere fine al “Parlamento di nominati”. Il premio di maggioranza deve essere “uniforme per Camera e Senato, perché la difformità è la vera porcata”, dice Morra, secondo cui serve “una soglia minima necessaria per raggiungere il premio di maggioranza”, una soglia che sia numericamente “significativa”. Altro punto fondamentale è che “il numero di voti necessario per entrare in Parlamento sia lo stesso se si corre da soli o in coalizione, perché altrimenti si favoriscono le aggregazioni che però poi non durano”, prosegue Morra. Oltre a questo, la proposta conterrà le norme sempre sostenute dai Cinque Stelle: “il limite di due mandati, la candidatura in un solo collegio, la fedina penale illibata”.