Centoventicinque milioni di euro. A tanto ammonta la perdita accumulata nella prima metà del 2013 da Rcs Mediagroup. Cioè l’editrice del Corriere della Sera che ha appena beneficiato di una ricapitalizzazione da 400 milioni di euro, poco più di 90 dei quali sono arrivati direttamente dalle casse della Fiat di quel Sergio Marchionne che martedì ha parlato dell’impossibilità di fare impresa in Italia.
Un’impossibilità che, evidentemente, non riguarda i media e, in particolare il Corsera, nonostante l’andamento del gruppo a quasi un anno dall’insediamento dell’ad Pietro Scott Jovane, sia particolarmente preoccupante. Se il risultato netto è andato molto meno male del 2012, infatti, è stato solo per l’assenza di svalutazioni consistenti sulle attività spagnole.
Un effetto migliorativo che non si riscontra invece nell’attività industriale, come dimostra oltre alla bocciatura della Borsa (-1,98% a 1,2 euro il titolo dopo i conti) l’andamento dei ricavi che hanno continuato a scendere passando da 756,3 a 647,9 milioni (-14,3%). Ancora peggio, poi, il confronto sui margini prima degli oneri non ricorrenti, che quest’anno è negativo per 28,6 milioni, contro il dato positivo per 12 milioni del primo semestre 2012, che si era chiuso in rosso per 427 milioni di euro prevalentemente appunto per i problemi spagnoli.
Eppure per il consiglio di amministrazione sono state superate le “rilevanti incertezze” descritte dagli amministratori nel resoconto intermedio di gestione al 31 marzo 2013 e nel bilancio consolidato al 31 dicembre 2012, che potevano far sorgere “dubbi significativi” sulla capacità del gruppo Rcs di continuare ad operare sulla base del presupposto della continuità aziendale.
Merito, finché dura, dell’effetto “dell’esito positivo dell’aumento di capitale, nonchè per il perfezionamento del contratto di finanziamento delle linee di debito a lungo termine per complessivi 600 milioni e la successiva esecuzione”, recita la nota che ha diffuso i conti. In pratica con la ricapitalizzazione perfezionata a luglio, il patrimonio netto consolidato pro-forma è pari a 415,7 milioni (15 milioni al 30 giugno), mentre l’indebitamento netto pro forma si riduce a circa 560 milioni (956,7 milioni a fine giugno). Tra quanto è andato alle banche per rifinanziare il debito e quanto è servito coprire le perdite pregresse, insomma, ben poco è rimasto alla società per provare a ripartire. Tanto più che il gruppo del Corriere della Sera conferma per il 2013 ricavi in calo del 10% circa e un risultato netto “significativamente negativo”.
Intanto i grandi soci non trovano pace e prendono tempo. Tanto che durante la riunione del patto di sindacato che ancora controlla Rcs, è stato deciso di prorogare a fine ottobre (dal 14 settembre inizialmente previsto) i limiti per presentare le eventuali disdette all’accordo patto di sindacato di Rcs. Contestualmente è stato dato mandato al notaio di quel che resta del salotto buono, Piergaetano Marchetti, il mandato di portare avanti le consultazioni tra i soci del patto che per bocca di John Elkann, presidente della Fiat e neo primo azionista di Rcs, si è detto disponibile “a parlare come patto con gli altri soci che fossero interessati ad avere un dialogo”. Categoria che in teoria include anche Diego Della Valle.
“C’è da parte di tutti l’assoluta convinzione che sia importante mantenere e garantire la stabilità”, ha precisato Elkann. La questione, del resto, non è da poco per la Fiat. In caso di variazioni consistenti nell’assetto di controllo di Rcs, c’è infatti il rischio che la Consob richieda il lancio di un’Opa ai nuovi soci di maggioranza e, quindi, l’esborso di nuovi soldi. Per mantenere lo status quo, quindi, è per forza di cose necessario trovare un accordo.
Per ora, invece, “si è trovato un accordo a trovare un accordo, e dunque di ragionare nei prossimi mesi e di studiare assieme quella che può essere un’evoluzione del patto”, ha detto il rampollo di casa Agnelli che ha poi precisato che ”da parte nostra non c’è nessuna ragione per discutere o pensare cambiamenti della direzione” del Corriere della Sera, oggi affidata a Ferrucio De Bortoli e ha approfittato per elogiare Scott Jovane perché “sicuramente oggi i risultati portati fanno vedere che l’ad sta lavorando”.
Benedizione, infine, dal grande vecchio Giovanni Bazoli. Intesa Sanpaolo ”è convinta che l’esperienza degli ultimi anni abbia dimostrato che una proprietà condominiale non funziona e che la società deve essere guidata da una proprietà coesa”, ha detto il presidente della banca milanese che giudica positivamente l’intervento di Fiat. Quanto al futuro, “conclusa questa fase di aumento, Intesa SanPaolo intende adoperarsi affinchè l’azienda si sviluppi secondo un piano condiviso e sia messa nelle mani di soci industriali affidabili e all’uopo attrezzati”.
“L’importante è che una banca abbia la funzione di favorire lo sviluppo e la ripresa di un’azienda e questo dal mio punto di vista vuol dire che non siamo noi che in futuro possiamo essere i responsabili dell’azienda”, ha precisato. “La posizione di Intesa SanPaolo nei confronti del gruppo Rcs è che la nostra banca persegue tre obiettivi. Primo: favorire la ripresa dell’azienda; secondo: continuare a garantirne l’indipendenza dalle influenze improprie della politica; terzo: tutelare i propri crediti”, ha concluso.