Ancora non è dato sapere se l’Abenomics – il pacchetto di misure adottate dal premier Abe per rilanciare l’economia del paese – finirà nell’ennesima “bolla”. Ma una cosa è certa: ci sono settori che sembrano andare a gonfie vele. Uno di questi è quello del mizu-shobai (letteralmente “commercio dell’acqua”), splendido eufemismo locale con il quale si intende il variopinto, vasto e iper-creativo “mondo fluttuante”: dal baretto con hostess che mentre fa finta di ascoltare la tua vita ti serve bevande annacquate (e nulla di più) alle varie forme di intrattenimento sessuale a pagamento, di cui il Giappone – nonostante la prostituzione sia ufficialmente vietata – è da sempre prodigo di formule sofisticate quanto costose. Un settore che negli ultimi anni, con la stretta ai consumi, era in agonia e che da qualche mese sta invece di nuovo prosperando come è giusto che sia appena i soldi cominciano di nuovo a girare e come ci informa, con dovizia di particolari, il popolarissimo settimanale Shukan-shincho. Che per l’occasione conia persino un nuovo termine: awanomics, da awa, “schiuma”, quella con la quale le “massaggiatrici” dei soapland, come i giapponesi chiamano i loro bordelli, insaponano i loro clienti, prima di entrare nel vivo della prestazione,
All’economia delle bollicine lo shukan shincho dedica uno speciale di dieci pagine, con tanto di indirizzi, dettagli dei servizi, interviste a manager e clienti. “Fino a qualche tempo fa qui si vedevano clienti solo il 15 di ogni mese, quando si pagano le pensioni – racconta il manager di un bordello appena rinnovato e dove il servizio top, che prevede due attendenti a disposizione per due ore, e che tra le varie opzioni prevede perfino il lavaggio e stiraggio dei vestiti costa fino a 60mila yen, 500 euro – adesso c’è ogni giorno la fila. Abbiamo dovuto attivare il servizio prenotazione on-line….se vieni senza appuntamento, specie di sera, non hai nessuna chance… e comunque non hai certo la possibilità di sceglierti l’assistente, uno dei punti di forza della nostra catena…”
Ridotto fino a qualche tempo fa ad una sorta di “servizio sociale” per pensionati e vecchietti (il giornale ne intervista uno: “oramai lo faccio due volte al mese, una con mia moglie, e una qui”) rifiutati nei più popolari e scintillanti quartieri di Shinjuku, Shibuya e Ikebukuro, il vecchio quartiere di Yoshiwara, a Tokyo, è di nuovo “in fiore”. E a frequentare i suoi centinaia di “insaponifici” in un caleidoscopio di offerte, cartelloni, ologrammi che illuminano a giorno le sue strade, non sono solo i giapponesi, come è stato per secoli, ma anche gli stranieri. Ma non gli occidentali, pochi e comunque poco disponibili a spendere una fortuna per questo tipo di prestazioni, bensì i cinesi. Il che pone qualche problema, di cui il giornale riferisce.
“Il tutto è nato con lo Sky Tree, la nuova super-torre di Tokyo, che ogni giorno attira migliaia di turisti – scrive lo Shukan-shincho – soprattutto cinesi. I quali dalla cima vedono il vecchio quartiere di Yoshiwara, rimasto ancora intatto, con le sue vecchie casette a due massimo tre piani e chiedono cosa sia. E quando le guide, a denti stretti, glielo spiegano, vogliono farci un salto”. L’invasione dei cinesi a Yoshiwara è stata preceduta da intense trattative, pare. Molti esercenti e soprattutto molte dipendenti non ne volevano sapere. Ma la ragion del business alla fine ha prevalso e ora gli ‘odiati’ cinesi sono più che benvenuti. E negli ‘esercizi’ trovano istruzioni, scritte e menu in cinese e perfino personale in grado di comunicare con loro. Una “svolta” per il quartiere di Yoshiwara, ma anche per l’immagine del Giappone in Cina, dove le agenzie di viaggio reclamizzano oramai apertamente l’opzione Yoshiwara per il turismo maschile. Come succedeva ai tempi della “bolla”: all’epoca, erano i giapponesi che, fingendo di andare a giocare a golf (e lasciando le pesanti sacche all’aereoporto, accudite dall’agente di viaggio) invadevano i bordelli delle Filippine o della Thailandia per i loro “sex tour”. A seguito dei quali poi, una volta tornati in patria, contagiavano le povere mogli con l’Aids ed altre malattie veneree.
Un rischio che stando a Ore no tabi, aggiornata newsletter che informa sull’offerta notturna di Tokyo, in Giappone i cinesi non corrono. Primo perché negli insaponifici l’uso del preservativo è assolutamente obbligatorio, secondo perché, così scrive, letteralmente, la rivista “le donne giapponesi sono molto pulite”. Prima di chiudere con una battuta abbastanza infelice: “Certo, c’è comunque il rischio che, pur pensando di divertirsi con una donna giapponese, questi clienti finiscano per farsi insaponare da una loro concittadina, visto che sono molte le cinesi che lavorano nel settore”. Come dire: brutti cinesi, siete degli zozzoni. Cosa peraltro ribadita in alcune testimonianze (anonime) raccolte tra gli esercenti: “E’ vero, quando arrivano loro troviamo bagni intasati e sporcizia dappertutto”. Frasi che neanche Calderoli & company…
Il realtà il rischio di “contaminazione” non c’è, perché gli esercenti di Yoshiwara stanno molto attenti a non far combaciare etnicamente la domanda con l’offerta. “Ai clienti cinesi garantiamo l’assistenza di una o più giapponesi – assicura un manager intervistato dallo Shukan shincho – del resto vengono qui per questo, no? La prostituzione c’è anche in Cina, ma da nessuna parte al mondo è esercitata con l’eleganza, la cura dei dettagli e la professionalità che offriamo qui. E noi vogliamo che il nostro servizio non sia messo in discussione. Ho perfino istruito le mie dipendenti a non raccogliere alcuna provocazione dai clienti cinesi. Nemmeno sulla questione delle isole contese. Se dicono che sono loro, le ragazze devono dar loro ragione… il cliente ha sempre ragione”.
PS. Immagino già una domanda: ma se la prostituzione è vietata, ufficialmente, come mai è così diffusa e apertamente pubblicizzata e praticata? Perché la legge vieta la prestazione sessuale a pagamento “tra sconosciuti”. Ecco perché, nei grandi quartieri della prostituzione, sia a Tokyo che a Osaka piuttosto che in altre città, la “prestazione” non è mai immediata. Prima ci si siede, si chiacchiera, ci si “conosce”. Poi, almeno nei soapland, ci si lava. E a quel punto, non si è più degli sconosciuti. Magari è scoppiato l’amore.