ESCLUSO ANCHE TATÒ
L’amministratore delegato di Mediaset Franco Tatò dichiara che perfino a lui, che era formalmente il numero uno dell’azienda, erano tenuti nascosti i veri numeri dei contratti d’acquisto: “Era un’area di attività assolutamente chiusa ed impenetrabile”, dice Tatò al pm Fabio De Pasquale, “gestita a livello più alto da Bernasconi che dava conto della sua attività direttamente a Berlusconi e non riferiva al consiglio di amministrazione”.
“Un nascondimento e una separatezza che erano confermati, anche ai più alti livelli della organizzazione societaria, da quello che era stato designato come l’amministratore che avrebbe dovuto condurre la società dopo l’entrata in politica di Berlusconi, Francesco Tatò, che aveva infatti confermato che, nonostante l’importanza dei diritti nella struttura dei costi aziendali, e quindi nonostante l’interesse suo proprio ad aggredirli per ottenere significativi risparmi, si trovava a esserne sostanzialmente estromesso. (…) Ancorché il teste avesse precisato che il termine “impenetrabile” era eccessivo, era evidente che non era settore che era stato affidato alla sua cura, ma restava nelle mani di Bernasconi che continuava a riferirne al solo Berlusconi.
MILLS, SOCIETÀ & BUGIE
Centrale la figura dell’avvocato inglese David Mills. È lui il creatore delle società estere usate per gonfiare i costi dei diritti. È lui che mente per salvare Berlusconi, in alcuni processi milanesi in cui l’ex presidente del Consiglio è accusato di condotte illecite (maxitangente a Bettino Craxi tramite la società All Iberian; tangenti alla Guardia di finanza; occultamento del possesso di Telepiù per aggirare la legge Mammì sulle tv). Compensato con almeno 600 mila dollari, davanti ai giudici ha “distanziato” Berlusconi dalle società offshore che aveva creato: le stesse utilizzate nel giro dei diritti Mediaset.
“Le risultanze del processo cosiddetto Mills (sottoposte alla doppia verifica di merito ed analizzate dal consesso più largo della Corte di legittimità) sono particolarmente significative, perché illustrano l’antefatto, societario, gestionale e patrimoniale, di quanto poi accaduto e sottoposto alla verifica di questa Corte. È innanzitutto significativo che alla vicenda siano interessate le stesse due persone che si vedranno poi essere il punto di riferimento della vicenda del giro dei diritti. Ovvero sia il dominus del gruppo, Berlusconi, in posizione talmente defilata che il processo Mills nasce proprio dall’intento (raggiunto dal Mills e per questo ripagato) di supportarne l’estraneità ai fatti, e quel Bernasconi che ne assumerà la gestione concreta, pur, ovviamente, agendo sempre nell’interesse del gruppo, anzi, in questo caso, più direttamente del suo dominus. (…) Così fornendo logica spiegazione anche al successivo ‘giro dei diritti’, anch’esso spiegabile oltre alle evidenti ragioni di illecito risparmio fiscale, nella medesima ottica: conservare all’estero fondi di problematica individuazione e tracciamento. (…)
La sentenza Mills dà innanzitutto conto della presenza di società estere (…) destinate a rimanere occulte (e quindi costituite in ‘paradisi fiscali’) perché create per raggiungere scopi quantomeno elusivi della normativa italiana, in specie della legge Mammì (che dettava limiti al possesso di reti televisive). (…) Con riferimento all’addebito relativo al fatto di avere Mills celato l’identità della proprietà delle società offshore del cosiddetto Gruppo Fininvest B, la sentenza emessa nel processo ‘Arces ed altri’ aveva accertato in maniera definitiva che la Guardia di finanza era stata corrotta affinché non venissero svolte approfondite indagini in ordine alle società del Gruppo Fininvest e non ne emergesse la reale proprietà, pur non essendo stato ritenuto certo il collegamento diretto fra i funzionari corrotti e Silvio Berlusconi, collegamento invece definitivamente provato rispetto ad altro dirigente di Fininvest, Salvatore Sciascia, responsabile del servizio centrale fiscale della società, condannato con sentenza irrevocabile. Alcune delle destinazioni di rilievo penale di quelle disponibilità economiche erano state peraltro accertate e, in esse, anche il diretto coinvolgimento di Berlusconi, solo prosciolto per prescrizione del reato. Parimenti, i fatti relativi all’illecito finanziamento in favore di Bettino Craxi da parte di Fininvest, tramite All Iberian, erano stati, sulla base di plurime prove testimoniali e documentali, definitivamente dimostrati (visto che la sentenza di primo grado, di condanna dei vertici della società e fra di essi di Silvio Berlusconi, non è stata riformata nel merito, ma per intervenuta prescrizione), così come si era accertato che All Iberian e le società offshore collegate erano state costituite su iniziativa del Gruppo Fininvest e che All Iberian era stata utilizzata quale tesoreria delle altre offshore inglesi costituite per conto del Gruppo Fininvest (…). E peraltro laddove, nel processo Arces citato, non si era giunti a risalire la catena delle responsabilità fino a Berlusconi, ciò era, appunto, dovuto alla colpevole reticenza dell’avvocato Mills”.