SPIFFERI INTERNI
Alcuni testimoni dentro il sistema raccontano dall’interno il metodo per gonfiare i prezzi e la presenza determinante di Silvio Berlusconi.
“Silvia Cavanna (che, si ricorda, era rimasta in Mediaset fino al 1999 seppure, negli ultimi anni, come consulente) ricordava che l’ufficio di Lugano, gestito prima da Candia Camaggi e poi, dal 1995, dalla odierna coimputata Gabriella Galetto, spediva a Milano i contratti senza i dati economici, che venivano riservatamente ed ufficiosamente comunicati, ma che poi venivano gonfiati, su istruzione di Bernasconi (“Picchia giù sui prezzi”), in modo da fornire una cosiddetta ‘gestione equilibrata’ dei flussi finanziari volta, quindi, non al mero pagamento dei diritti (di costo, alla fonte, molto minore del flusso finanziario stesso) ma alle esigenze, di tutt’altra natura, di illecita costituzione di fondi finanziari in territorio estero e di corrispettivo ‘risparmio fiscale’ nel nostro territorio. (…) La teste Marina Baldi, addetta all’ufficio gestione e contratti di Reteitalia prima e Mediaset dopo, alle dipendenze della Cavanna, fin dal 1985, si era occupata della redazione di quei subcontratti che servivano per non inviare a Milano i master (i contratti originari). Tanto che i prezzi da inserire nei subcontratti le erano indicati dalla Cavanna, la quale rispondeva direttamente a Bernasconi . (…) Il teste Daniele Belotti, dipendente proprio di Fininvest Service di Lugano, ha riferito di essersi occupato della predisposizione delle schede sulla base dei contratti di acquisto dei diritti, precisando che la scheda contenente la parte economica veniva consegnata alla Camaggi (e poi alla Galetto) per l’amministrazione, mentre la parte contenente tutti gli altri dati contrattuali veniva spedita a Milano”.
È SEMPRE MEDIATRADE?
La difesa mediatica di Berlusconi sostiene che l’ex presidente del Consiglio è già uscito indenne dalle accuse di frode fiscale e appropriazione indebita del processo Mediatrade, sia a Milano che a Roma; poiché questo è sostanzialmente la stessa cosa di quello Mediaset, deve dunque essere assolto anche in questo. La sentenza Mediaset lo nega, perché le nuove accuse “riguardano condotte ulteriori che attengono a un diverso periodo di tempo e sono fondate su un substrato probatorio che nulla prova essere identico”.
“Non possono incidere sul giudizio formulato i diversi arresti a cui erano pervenuti i Gup di Milano e Roma (con sentenze confermate dalla Cassazione) che attengono a diversi periodi di tempo e a distinti quadri probatori. Perché attengono agli anni in cui a Ims era stata sostituita Mediatrade e alla operatività condotta con tale diversa società. Sostanzialmente da chi aveva ritenuto di dare una svolta, anche di ‘trasparenza’, al precedente modo di agire”.
NO ATTENUANTI GENERICHE
A Berlusconi non vengono concesse le attenuanti generiche in ragione di “un sistema di società e conti esteri portato avanti per molti anni, proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti, e condotto in posizione di assoluto vertice”. E per “la particolare capacità a delinquere dimostrata nell’esecuzione del disegno, consistito nel-l’architettare un complesso meccanismo fraudolento ramificato in infiniti paradisi fiscali, con miriadi di società satelliti e conti correnti costituiti esclusivamente in funzione del disegno delittuoso”.
“La pena stabilita in prime cure è del tutto proporzionata alla gravità materiale dell’addebito e all’intensità del dolo dimostrato. Si tratta di una operazione illecita organizzata e portata a termine costituendo società e conti esteri a ciò dedicati, un sistema portato avanti per molti anni. Parallelo alla ordinaria gestione delle società e del gruppo. Sfruttando complicità interne (ed esterne) a esso. Proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti. E condotto in posizione di assoluto vertice. A fronte di ciò, e in relazione alla oggettiva gravità del reato, è ben chiara l’impossibilità di concedere le attenuanti generiche (l’incensuratezza, e tanto più l’età, sono del tutto recessive rispetto a un simile quadro); la particolare intensità del dolo impone altresì di commisurare la pena in misura adeguata, che oltretutto neppure si è avvicinata al massimo edittale”.
Da Il Fatto Quotidiano del 30 luglio 2013