Società

De Gregori, Slow Food, la sinistra

L’intervista a Francesco De Gregori sul Corriere della Sera di mercoledì ha movimentato la giornata di tanti esponenti del Pd ma ha fatto … arrabbiare molti soci di Slow Food.

Colpa del titolo del pezzo firmato da Aldo Cazzullo: «De Gregori: non voto più. La mia sinistra si è persa tra Slow Food e No Tav». Come spesso accade, il titolista deve aver deciso di riassumere a suo piacimento l’intero contenuto dell’articolo in una frase ad effetto, che però nel testo suona in maniera diversa: «Cos’è la sinistra italiana oggi?» si domanda De Gregori, che si dà anche la risposta «E’ un arco cangiante che va dall’idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità. Che agita in continuazione i feticci del “politicamente corretto”, una moda americana di trent’anni fa, e della “Costituzione più bella del mondo”. Che si commuove per lo slow food e poi magari, “en passant”, strizza l’occhio ai No Tav per provare a fare scouting con i grillini. Tutto questo non è facile da capire, almeno per me».

Cosa vuol dire tutto questo? Cazzullo non si pone il problema di chiedere spiegazioni, chiarimenti. Eppure qualche volta chiedere spiegazioni a De Gregori non farebbe male (qualcuno in rete ha approfittato di questo episodio per ricordare che sono 40 anni che cerchiamo di capire cosa volesse dire con Alice guarda i gatti!).

Forse De Gregori voleva parlare male di Slow Food? Può darsi, ma solo dieci giorni prima ne aveva parlato bene! In ogni caso, mercoledì sera ci siamo guadagnati citazioni nel servizio di apertura del Tg1 e pure al Tg4. E ieri mattina decine di quotidiani di tutto il Paese hanno ripreso la notizia, sempre citando la presunta vicinanza a Slow Food come una delle colpe del Pd agli occhi di De Gregori.

Qualcuno ha pure deciso che Slow Food non piace a De Gregori e non dovrebbe piacere alla sinistra perché “fighetto”.

Risultato: decine di telefonate, mail, messaggi vari di gente che mi incitava a prendere posizione, a rispondere per le rime a De Gregori (presumo intendessero: rispondi con un messaggio criptico), a prendere le distanze (ma non ho capito se dal Pd, dai No Tav, da De Gregori o, più probabilmente, da Cazzullo).

Tutta questa meraviglia senza che a nessun giornalista (o esponente del Pd) venisse in mente di capire il senso delle parole di De Gregori. Anzi, la più parte dei commenti sono stati fatti sulla base del titolo dell’intervista, senza nemmeno entrare nel merito del contenuto.

Diciamo allora che tutto questo è molto fast: direi fast news, che si meriterebbero un bel movimento (di giornalisti fighetti, ovvio) a sostegno delle Slow News.

Va bene che siamo nell’era di Twitter, va bene che i profeti del web hanno annunciato da tempo la fine dei giornali e ulteriori radicali cambiamenti nel modo di fare informazione, ma se un titolo – per di più improbabile – fa più notizia di quello che si dice effettivamente nell’articolo, dove andremo a finire?

Ma soprattutto: è davvero così importante capire cosa voleva dire De Gregori?