A sostenerlo alcuni senatori e l'ex ministro Nitto Palma. Sarà la Giunta del Senato per le Elezioni e le Immunità a valutare. Per il costituzionalista Guzzetta "un’applicazione retroattiva" della norma "suscita notevoli dubbi sul piano della costituzionalità", mentre per l'ex presidente della Consulta Onida: "L’assemblea deve solo applicare la legge”
L’incandidabilità prevista dalla legge Severino potrebbe non scattare per Silvio Berlusconi. Questa la tesi del Pdl e anche di un costituzionalista come Francesco Guzzetta, cui però si oppone un altro parere quello dell’ex presidente della Consulta Valerio Onida. Per la norma, che fu ribattezzata Liste Pulite, non sono candidabili coloro che hanno riportato condanne definitive “a pene superiori a due anni di reclusione per delitti non colposi per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni”. Inoltre, quando una causa di incandidabilità sopravvenga nel corso del mandato si verifica la decadenza che deve essere dichiarata dall’Assemblea, il condannato poi non è più candidabile per sei anni. Ma se la Giunta del Senato per le Elezioni e le Immunità, che ha già iniziato l’istruttoria per vagliare la posizione del leader del Pdl, dovesse decidere nel senso prospettato dal Popolo della Libertà – a cui si è anche aggiunto l’ex ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma – si potrebbe definitivamente allontanare lo spettro di una crisi di governo minacciata dal Pdl in assenza di una riforma della giustizia.
L’ex ministro Nitto Palma: “Leader politico privato della libertà è un macigno sulla democrazia”. Secondo l’ex Guardasigilli il problema è “capire se questa decadenza, che è un effetto penale della condanna, abbia o meno carattere della retroattività, perché ove mai dovesse appartenere al meccanismo sanzionatorio, non sarebbe possibile una norma retroattiva”. E secondo Palma, che cita una recente sentenza della Cassazione, la decadenza ha proprio tale carattere. In sostanza, per i reati commessi prima del 2012 parlare di decadenza è una “provocazione. La sinistra – prosegue – pensa che con i numeri in giunta (il centro sinistra è in maggioranza, ndr) in tre minuti può sbarazzarsi dell’avversario, ma dal punto di vista giuridico la questione è delicata e necessita di un approfondimento”. Quanto alla grazia, “dipende da Napolitano” ma un leader politico privato della propria libertà “è un macigno sulla democrazia”.
Giovanardi e Compagna: “Norma non è applicabile al Cavaliere”. La norma in questione, entrata a far parte del codice penale sotto il governo Monti, e, a suo tempo, considerata da alcuni “troppo blanda” per evitare di avere corrotti in Parlamento, dovrebbe essere applicata anche al Cavaliere, che giovedì 1° agosto è stato condannato dalla Cassazione a 4 anni. Il condizionale a questo punto è però d’obbligo, e a dirimere la questione dovrà essere la Giunta (composta da 8 senatori Pd, quattro 5 Stelle, uno di Sel, uno di Scelta Civica, un socialista, sei Pdl, un leghista e un senatore di Gal). Nel Pdl, in minoranza quindi, c’è infatti chi afferma che la legge Severino non è applicabile al presidente: “La norma sulla decadenza dal Parlamento non è applicabile a Silvio Berlusconi, perché i reati per i quali è stato condannato sono stati commessi prima dell’entrata in vigore della legge”, dice il senatore Carlo Giovanardi (Pdl), che è membro della Giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama. Giunta convocata per mercoledì 7 agosto proprio per proseguire la discussione preliminare sulla posizione del leader del Pdl.
“Un senatore può essere sottoposto ad un voto dell’assemblea che ne riconosca la ‘ineleggibilità sopravvenuta’ soltanto se condannato per reati commessi successivamente al dicembre 2012″ ribadisce Giovanardi che accusa la sinistra di voler “cancellare” per il leader del centrodestra le norme della Costituzione. “A meno che non si voglia sostenere ‘ad personam’ soltanto per lui la retroattività della legge penale e colpirlo con sanzioni non previste a quell’epoca”. Sulla stessa posizione il senatore del Pdl Luigi Compagna che se la prende, in particolare, con il segretario del Pd Guglielmo Epifani accusato di “pretendere dal Senato la decadenza di Berlusconi dal mandato parlamentare in base ad una sentenza della Cassazione su una vicenda anteriore alla legge cui il volenteroso Epifani si richiama. La sua opinione – sostiene Compagna – abbatte principi costituzionali irrinunciabili sui quali il presidente della Repubblica non consentirà forzature e intimidazioni squadriste”. Peraltro Compagna invita il presidente del Senato Pietro Grasso ad esprimersi prima che si riunisca la Giunta di Palazzo Madama.
Guzzetta: “Applicazione retroattiva suscita dubbi”, ma Onida: “Deve essere applicata la legge”. A sostegno delle tesi del Pdl arrivano le riflessioni di Guzzetta: “L’incandidabilità e l’ineleggibilità sopravvenuta come conseguenza della condanna, prevista dalla legge Severino avrebbe – sottolinea il costituzionalista – un’applicazione retroattiva, il che suscita notevoli dubbi sul piano della costituzionalità e di una possibile violazione della convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Il principio di irretroattività però vieta l’applicazione di una norma, introdotta successivamente, che è sfavorevole all’imputato. Solo se la legge penale è favorevole essa è applicabile anche in via retroattiva
Non la pensa così il presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida che sottolinea come “la ratio della legge Severino è di impedire l’ingresso o la permanenza in Parlamento di chi sia stato condannato per determinati tipi di reati e a una certa quantità di pena”, caso in cui rientra la sentenza definitiva su Berlusconi. “Quando l’assemblea è investita dell’esame della causa di decadenza – avverte Onida – non ha un potere di scelta politica, se far decadere o meno il soggetto. Deve solo applicare la legge”. A fronte di queste prime dispute, il segretario del Psi Riccardo Nencini, eletto nelle liste del Pd al Senato commenta: “Quando l’interpretazione della norma che ne prevede la decadenza sarà chiara, noi in Senato non ci tireremo indietro dal farla applicare con rigore”.
“In una situazione di drammatica crisi politica ed istituzionale incendiari, eversori e seminatori di zizzania sono al lavoro per cancellare nei confronti del senatore Silvio Berlusconi le norme della Costituzione e i principi fondanti del nostro ordinamento giuridico (Art. 25 secondo comma della Costituzione e Articolo 11 delle Preleggi). Ribadisco, come membro della Giunta per le Autorizzazioni di Palazzo Madama, che un senatore può essere sottoposto ad un voto dell’Assemblea che ne riconosca la ‘ineleggibilità sopravvenuta’ soltanto se – spiegava ancora ieri Giovanardi – condannato per reati commessi successivamente al dicembre 2012, quando è entrata in vigore la nuova legge che prevede come pena accessoria la decadenza dall’incarico se votata dall’Aula del Senato. Non è questo il caso del senatore Berlusconi, condannato per fatti avvenuti molti anni prima, a meno che non si voglia sostenere ‘ad personam’ soltanto per lui la retroattività della legge penale e colpirlo con sanzioni non previste a quell’epoca”.
Discussione in Giunta programmata per mercoledì 7 agosto. La discussione sul caso Berlusconi è già cominciata mercoledì 31 luglio – il giorno prima del verdetto degli ermellini – quando si è riunita la Giunta del Senato per le Elezioni e le Immunità per vagliarne l’ineleggibilità. Mercoledì 7 agosto verrà chiusa la discussione generale preliminare al termine della quale si avrà un quadro chiaro ed esaustivo di tutti i documenti che si intendono acquisire all’istruttoria; in primis la comunicazione ufficiale della sentenza (già inviata dalla Procura di Milano al Senato) e le motivazioni del verdetto emesso dalle toghe di palazzo Cavour. Dopo di che, il relatore Andrea Augello (Pdl) farà la sua proposta che poi dovrà essere valutata in una nuova discussione generale. Il fatto che fosse già aperta un’istruttoria riguardante il Cavaliere significa anche che una eventuale decisione potrebbe arrivare in tempi rapidi: “C’è già un’istruttoria in corso – spiega Stefano – pertanto una nostra presa di posizione relativa alla sentenza di Berlusconi potrebbe già intervenire in questo quadro. Accelerando, così, notevolmente i tempi”. Ma se la Giunta dovesse ritenere prevalente il principio di irretroattività per il caso del Cavaliere la crisi di governo, minacciata in assenza di una riforma della giustizia, potrebbe essere molto più lontana.