Scendo da un treno regionale a Bologna e, dopo poco, salgo su un Frecciarossa per tornare a casa. E’ un sabato sera estivo e la giornata è stata impegnativa, una volta seduta, infatti, i miei pensieri vagano senza meta… inevitabile cominciare ad ascoltare i discorsi dei vicini con la scusa della palpebra calata. Il dialogo che mi si propone diventa via via sempre più interessante e divertente, addio sonno, ora sono completamente parte del racconto e spero che il Frecciarossa rallenti anche solo un pochino.
Protagonisti: un signore anziano di Salerno, salito appunto a Salerno, e diretto da amici a Brescia e un ragazzo giapponese che vive a Milano di ritorno da una visita a Firenze.
Comparsa: la moglie del signore che non apre bocca, ma ascolta ammirata parlare il marito. Sì, ammirata, perché l’uomo sta parlando al ragazzo, con tono orgoglioso, dell’Italia, la sua geografia, le città d’arte e anche un po’ di storia. Il ragazzo ascolta, ma non solo, partecipa e snocciola numeri: gli abitanti di Napoli, Roma e Milano, il numero di linee delle varie metropolitane, i nomi delle squadre di calcio. Il giapponese è stato anche a Pisa e dice che in Giappone è una città famosissima: era un po’ stupito che fosse così piccola, ora che l’ha vista dal vero. L’uomo di Salerno, con il suo bellissimo e caldissimo accento, non si trattiene dal raccontare al giovane quanto Napoli sia più bella e antica di Milano. Poi, non mi ricordo come, la conversazione raggiunge anche la Sicilia e lo sbarco degli americani: di colpo quindi abbiamo viaggiato indietro nel tempo e l’atmosfera si fa più cupa. Guerra, Italia occupata, nazismo e campi di concentramento.
Domanda a freddo del giovane giapponese: “Ma adesso l’Italia coi tedeschi è amica?”
Il salernitano dai capelli bianchi si guarda intorno un po’ ammiccante e risponde: “Ma… amica relativamente!”.
In quel preciso istante transitiamo senza fermarci nella stazione di Reggio Emila AV Mediopadana, cioè torniamo al presente. Avevo già visto scorrere dal finestrino dell’auto, in autostrada, la nuova struttura a onde senza sapere cosa fosse, poi in giugno c’è stata l’inaugurazione e il progetto si è svelato per quello che è: un bellissimo (ovviamente il bello è un concetto soggettivo, si sa) segno architettonico che colpisce lo sguardo in un paesaggio piatto, caratterizzato dallo scorrimento veloce delle linee infinite di autostrada e ferrovia. Il progetto è dell’architetto spagnolo Santiago Calatrava protagonista, a questo punto, del forte cambiamento estetico e strutturale del nuovo asse viario di Reggio Emilia: sono di Calatrava, infatti, anche i tre ponti a vela poco più in là, sempre sull’A1, inaugurati nel 2007. Mi piace l’estetica di Calatrava, la sua ispirazione organica, e il mio primo colpo d’occhio è entusiasta attraversando la stazione e guardando allontanarsi da lontano il ponte più grande che ricorda lo scheletro di un animale preistorico.
Ma l’entusiasmo dura poco, basta leggere qualcosa di più su quel progetto che le belle curve bianche rischiano velocemente, nella mia testa, di sgretolarsi in polvere. Di argomenti per fare polemica ne affiorano a decine appena si digita Stazione Mediopadana sul web, da un intervento di Roberto Saviano su Repubblica (6 marzo 2012) in cui affermava che “l’Alta Velocità a Reggio Emilia è stata il volano per far arrivare una sessantina di cosche che hanno iniziato a egemonizzare i subappalti nell’edilizia in Emilia Romagna”, fino a una serie di tweet indignati contro il caldo record che si raggiunge in questi giorni all’interno della stazione.
Confido che Calatrava non c’entri con l’arrivo delle cosche, ma sicuramente ha della responsabilità nel livello di benessere che la sua struttura offre a chi la vive e non solo la guarda. Continuerò a pensare all’architetto spagnolo con affetto, proprio per una questione di sintonia puramente estetica, ma succede troppo spesso che le Archistar trascurino importanti dettagli evidentemente non trascurabili per i fruitori delle loro opere, cioè tutti noi.
(Foto tratta da www.ferrovie.it)