Non si parla molto in Italia di Azerbaijan, non ci sono mogli e figlie di un dissidente da estradare a forza, nessun nostro ministro è di origine azera, gli immigrati proveniente dalla repubblica trancaucasica si contano sulla punta delle dita di una mano. Ma l’Azerbaijan è un Paese molto interessante, da poco i rappresentanti di 35 Paesi e oltre 250 organizzazioni sono arrivati a Baku per la 12° fiera internazionale dedicata ai viaggi e al turismo. L’obiettivo è quello di offrire i giusti stimoli ad un mercato emergente. Lo scorso anno sono stati 2,5 milioni i turisti arrivati in Azerbaijan, mentre molti azeri hanno trascorso le loro vacanze al di fuori del Paese. In questa economia basata sul petrolio, c‘è una forte volontà politica a sostegno del turismo e un ambizioso programma di sviluppo che punta a costruire un’industria del turismo sostenibile che rappresenti un cambio di marcia per l’economia del Paese.

In Italia non si parla di Azerbaijan, nemmeno a livello culturale. È passata pressoché sotto silenzio, quest’inverno, la notizia della folla di persone che si è radunata nella città di Ganca per bruciare copie del libro Stone Dreams dello scrittore Akram Aylisli, colpevole di aver scritto un romanzo “che simpatizza con la comunità armena”. Come riportato dal New York Times, durante una seduta del parlamento a gennaio lo scrittore è stato attaccato duramente e alcuni politici hanno chiesto che gli venisse tolta la cittadinanza azera e fosse espulso in Armenia. Da quel momento è partita un’escalation di minacce e discorsi politici carichi di odio culminati l’11 febbraio con una dichirazione di Hafiz Hajiyev, leader del partito Musavat, che ha proposto una ricompensa di 12.700 dollari a chiunque tagli le orecchie dello scrittore. Una delle motivazioni date da Hajiyev è stata che “nel suo romanzo Aylisli ha insultato 4.5 milioni di cittadini dell’Azerbaigian occidentale dipingendoli come dei selvaggi. Aylisli non ha insultato solo gli azeri, ma l’intera nazione turca”.

Tra le misure contro Aylisli riportate dall’organizzazione Human Rights Watch ci sono un decreto presidenziale che lo ha privato del titolo onorario di “scrittore del popolo dell’Azerbaijan” e la revoca della pensione che riceveva dal 2002.

Fra i pochi libri usciti ultimamente che ci danno informazioni su questo curioso e affascinante Paese vorrei ricordare Azerbaijan. Crocevia del Caucaso, di Carlo Frappi, uscito per Sanro Teti Editore, con la prefazione di Aldo Ferrari. Un testo, riccamente illustrato, che costituisce un importante punto di partenza per avvicinare il lettore non solo all’economia, ma anche alla cultura, arte, storia e geografia del Paese caucasico. Un viaggio avvincente, attraverso l’artigianato, la musica e i paesaggi mozzafiato di uno Stato al tempo stesso islamico e laico, dove molte religioni convivono pacificamente e la Costituzione garantisce piena parità di diritti tra uomo e donna. La lettura è agevolata da schede di approfondimento, grafici e tabelle.

Le Religioni dell’Azerbaigian, di Giovanni Bensi, sempre edito da Sandro Teti Editore e sempre con la prefazione di Aldo Ferrari. Un libro che costituisce un contributo notevole alla conoscenza di uno degli aspetti più interessanti dell’Azerbaijian, vale a dire la sua ricchezza religiosa, davvero poco comune. L’opera ci introduce allo zoroastrismo – nato proprio in quella regione – e al cristianesimo della Chiesa albanica; ci fa conoscere gli “ebrei delle montagne” e quelli ashkenaziti, l’islam e le due “nuove religioni” nate nell’Ottocento – baba’i e baha’i – per finire con le piccole comunità cristiane ortodosse, cattoliche e protestanti. Completa il quadro una descrizione della situazione attuale, nella quale le diverse confessioni presenti in Azerbaijan stanno manifestando una nuova vitalità. Si tratta di un contesto politico di cui uno degli aspetti più positivi è senz’altro la tolleranza religiosa, che riguarda anche atei e non credenti.

Le frontiere del Caucaso, di Laura Barile, edito da Nottetempo, è un viaggio che parte dai monti del Caucaso e arriva fino alle spèiagge del Mediterraneo, attraverso la scoperta di libri, di uomini, e di civiltà. Un libro che racconta le soste agli intricati confini caucasici, El-Alamein oggi e la stratificazione di memorie che vi è depositata, il mal d’Algeria di Camus, il presente il passato e il mito: dalla carestia degli anni trenta a Batumi vista da Simenon, all’Arca di Noè sul monte Ararat, a Prometeo incatenato nel Monte Kazbegi. I paesaggi calcinati di Algeri e il mare turchese delle coste minate dell’Egitto, gli armeni che assaporano la libertà nei caffè sotto i tigli di Yerevan, le inutili attese di treni fantasma in grandiose stazioni ferroviarie deserte, la casa natale di Stalin e le costruzioni non finite del socialismo reale. Berberi, amazigh, mozabiti, tuareg, armeni, georgiani, tartari, avari, russi – e le loro lingue. Un diario di viaggio inusuale, un libro interessante da portarsi a Baku, seppur qualche pecca ci sia: l’autrice liquida Yasmina Khadra come autore di veloci romanzetti noir e perde una riga per informarci dell’uscita di Baku, ultimi giorni, di Olivier Rolin, libro di cui ho già parlato su Il Fatto Quotidiano l’anno scorso e che è, dal mio punto di vista, un libro incredibile, pazzesco, forse il libro più esaustivo, intelligente e appassionante per capire l’Azerbaijan e la sua capitale.

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