Scioperi, rivolte e strutture fatiscenti. Chiude il Centro d’identificazione e di espulsione di Modena. La prefettura ha già avviato il trasferimento dei 23 migranti trattenuti nella struttura, che entro fine agosto dovrebbe essere completamente svuotata e ristrutturata. Il provvedimento era atteso da tempo, vista la situazione insostenibile in cui erano costretti a vivere gli ospiti del centro, ma anche i dipendenti, che sono ancora in attesa di tre mesi arretrati.
La loro odissea è iniziata un anno fa, quando la gestione è passata, attraverso una gara al massimo ribasso, dalle mani della Confraternita della misericordia, ente con a capo Daniele Giovanardi (fratello del senatore Carlo), a quelle del consorzio di Siracusa, L’Oasi. Questo, dopo essersi aggiudicato gli appalti a Trapani e a Bologna (anche qui dopo alcuni settimane la Prefettura ha autorizzato la chiusura), ha vinto anche a Modena presentando un’offerta pari a 29,1 euro al giorno, per ogni ospite, contro i 75 euro giornalieri dei precedenti gestori.
Da quel momento, però, la situazione per i lavoratori del centro, circa una trentina, è precipitata, e per loro è iniziata una strada in salita fatta di continui tavoli, rivendicazioni e scioperi. In un anno il consorzio ha versato solo i primi quattro mesi di lavoro (di cui due con soldi anticipati a L’Oasi dalla Prefettura). Altri sette sono stati pagati direttamente dalla Prefettura. Una soluzione, quest’ultima, che ora però non sembra più praticabile. Il consorzio L’Oasi infatti ha ceduto i crediti che ha nei confronti del Ministero dell’Interno a una finanziaria. Con il risultato che per ora la prefettura non può anticipare gli stipendi ai lavoratori. “Siamo molto preoccupati perché i dipendenti non vedono un euro da tre mesi” ha spiegato Marco Bonaccini, segretario della Fp-Cgil di Modena, che sta seguendo la vicenda del Cie. Lunedì 5 agosto, insieme a una delegazione di lavoratori, Bonaccini ha parlato con il nuovo prefetto di Modena, Michele Di Bari, arrivato da pochi giorni sotto la Ghirlandina. “È stato un incontro costruttivo, e speriamo nell’impegno della prefettura a trovare una soluzione al più presto”.
Nei prossimi giorni il sindacato avvierà la procedura per la cassintegrazione, mentre proverà a studiare ogni possibile soluzione per stringere i tempi. La priorità è fare in modo che i dipendenti del consorzio possano vedere al più presto i propri soldi. C’è chi, infatti, è stato sfrattato e ora ha difficoltà a trovare un tetto, perché senza garanzie di uno stipendio certo. Così come c’è chi fa fatica a fare la spesa, o a pagare la retta del nido ai figli.
Intanto, la prefettura, dopo un sopralluogo nella struttura, ha messo i sigilli, avviando interventi di ristrutturazione e manutenzione che non permettono la permanenza degli ospiti all’interno del centro. Soprattutto dopo la rivolta di alcune settimane fa, che ha portato a 9 fermi e oltre 70 mila euro di danni “È indispensabile garantire la vivibilità all’interno del centro rispettando tutti i requisiti previsti dalla legge” ha fatto sapere il prefetto.
Era già successo alcuni mesi fa al centro di Bologna, anche quello gestito dall’Oasi. E rischiava di avere la stessa sorte anche quello di via Corelli, a Milano, fino ad oggi gestito dalla Croce Rossa. Anche lì, infatti, l’unica offerta ricevibile è arrivata dal consorzio siciliano, che questa volta però non è riuscito ad aggiudicarsi l’appalto. La commissione, infatti, dopo una serie di verifiche sulle singole voci di spesa, ha bloccato tutto. Rimandando a un nuovo bando, che probabilmente verrà pubblicato in autunno.