Il testo propone la cancellazione della pena dai sei mesi ai tre anni di reclusione prevista dal codice penale. Inoltre introduce l'obbligo di rettifica anche per le testate online, blog esclusi. Multe alte per l'attribuzione consapevole di fatti falsi. La votazione, però, non si terrà prima della pausa estiva
Una proposta di legge sulla diffamazione a mezzo stampa che elimina il carcere per i giornalisti ma, dall’altra parte, inasprisce il meccanismo intimidatorio aumentando le multe. Inoltre estende l’obbligo della rettifica anche alle testate online che ad oggi non è previsto. Sono queste le novità più importanti contenute nel testo in discussione alla Camera che prende spunto da quanto presentato dal deputato del Pdl Enrico Costa e da altri parlamentari, che modifica la legge n.47 del 1948 e il codice di procedura penale in materia di diffamazione. È probabile che comunque le votazioni sul testo non si terranno prima della pausa estiva dei lavori parlamentari.
Il testo all’esame di Montecitorio prevede dunque l’abolizione della pena detentiva per i giornalisti in caso di reato di ingiuria o diffamazione a mezzo stampa ma introduce una multa da 5mila a 10mila euro. Tuttavia se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della sua falsità, si applica una multa da 20mila a 60mila euro. La modifica è sostanziale perché oggi la sanzione per la diffamazione a mezzo stampa è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni o con una multa non inferiore a 516 euro, secondo l ‘articolo 595 del Codice penale. Lo stesso codice, inoltre, prevede che la multa non possa superare il tetto massimo dei 50mila euro. Un’altra novità del testo, licenziato lo scorso 2 agosto dalla commissione Giustizia, riguarda l’ambito di applicazione della legge che coinvolgerà anche le testate giornalistiche online registrate presso le cancellerie dei tribunali mentre escluderà i blog.
Nella proposta di legge che contiene quattro articoli viene modificato anche l’istituto della rettifica, previsto dall’articolo 8 della legge 47 del 1948. Le dichiarazioni o rettifiche delle persone offese devono essere pubblicate senza commento. Tale obbligo è esteso anche alle testate giornalistiche online che devono pubblicare la rettifica entro due giorni dalla richiesta (come i quotidiani cartacei) con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia rettificata. Per quanto riguarda le trasmissioni televisive e radiofoniche la rettifica deve essere effettuata entro 48 ore dalla richiesta e con le stesse caratteristiche della trasmissione che ha dato origine alla lesione degli interessi. In caso di mancato adempimento, l’interessato può trasmettere la richiesta all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
La rettifica inoltre viene estesa alla stampa non periodica. Mentre prima l’autorità alla quale rivolgersi in caso di mancata pubblicazione della rettifica era il pretore, adesso è il giudice che ha il compito di ordinare la pubblicazione adottando un provvedimento d’urgenza. Si modifica anche la sanzione amministrativa per la mancata o parziale ottemperanza: l’attuale importo di 15 milioni di lire fino a un massimo di 25 milioni è sostituito da 8mila euro a 16 mila.
Il nuovo testo della proposta di legge introduce novità anche sul risarcimento del danno. La commissione Giustizia ha soppresso il limite del risarcimento del danno patrimoniale ed ha previsto che, nella determinazione del danno derivante da diffamazione commessa con il mezzo della stampa, il giudice tiene conto della diffusione quantitativa e della rilevanza nazionale o locale del mezzo di comunicazione usato per compiere il reato, della gravità dell’offesa, nonché dell’effetto riparatorio della pubblicazione della rettifica. Il provvedimento modifica infine le responsabilità del direttore anche delle testate radiotelevisive e online. Il direttore risponde dei reati commessi a mezzo stampa se questi sono la conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza. La pena è ridotta di un terzo e non si applica la pena accessoria dell’interdizione dalla professione. Il direttore può delegare la vigilanza a uno o più giornalisti professionisti idonei a svolgere le funzioni di controllo e la delega deve risultare da atto scritto e accettata dal delegato.