A lanciare l'allarme è il sindacato Cisl: secondo i dati per il triennio 2013-2015, la Regione ha perso 410 milioni di euro: "L'amministrazione non può applicare quegli stessi tagli per i quali ha sempre criticato il governo"
I tagli lineari alla sanità rischiano di portare al collasso gli ospedali bolognesi. A lanciare l’allarme sulla situazione del capoluogo emiliano romagnolo, strangolato dalla mancanza di posti letto, da un lato, e da una pesante carenza di organico, dall’altro, è la Cisl di Bologna, che per cercare una soluzione “a un quadro preoccupante, ma che potrebbe anche peggiorare” ha proposto alla Regione Emilia Romagna un “patto politico”: “Istituzioni, sindacati e aziende sanitarie insieme per salvare la sanità bolognese”.
Perché tra il decreto Balduzzi e la spending review le risorse sono drasticamente calate, e tutti gli istituti della Dotta sono ormai in difficoltà. “Il problema – spiega Alberto Schincaglia, segretario delle Politiche sociali della Cisl di Bologna – è che quest’anno il sistema sanitario nazionale ha subito, per la prima volta, tagli molto pesanti. L’Emilia Romagna, in particolare, ha perso 410 milioni di euro per il triennio 2013 – 2015. La Regione, dal proprio bilancio, ha versato 150 milioni, ma all’appello mancano ancora 260 milioni. Noi capiamo che in questa situazione qualche tenuta possa essere messa in discussione, ma l’amministrazione non può applicare quegli stessi tagli lineari per i quali ha sempre criticato il governo”.
Dati alla mano, commenta la Cisl, al policlinico Sant’Orsola il sotto organico è di 427 unità tra medici, infermieri e personale amministrativo mancante, all’Ausl mancano 326 unità, all’istituto ortopedico Rizzoli 186. Ma per queste tre strutture, critica la confederazione italiana sindacato lavoratori, la Regione ha approvato una copertura di appena un quarto dei posti vacanti: 21 al Rizzoli, 82 all’Ausl e 88 al Sant’Orsola.
E poi c’è il problema dei posti letto. Se attualmente “si sono perse 400 unità a causa dei tagli al budget – continua Schincaglia – qualora la Regione dovesse effettivamente applicare il parametro nazionale, che prevede una riduzione di 3,7 unità per 1000 abitanti, si potrebbe arrivare a perdere più di 700 posti letto”. “Se poi – aggiunge Alessandro Alberani, segretario della Cisl bolognese – non dovessero essere avviate le Case della Salute contestualmente alla chiusura dei Day hospital, che peraltro stanno creando disservizi e ulteriori costi per i cittadini, che non hanno più reparti a disposizione dove approfondire alcune patologie per fare diagnostica ma sono costretti a rivolgersi ai differenti ambulatori, con aggravi di spesa e tempi lunghissimi per le liste di attesa, avremmo un effetto devastante. E si arriverebbe a un taglio di 1.200 posti letto”.
“Invece di sottrarre risorse ai servizi, perché invece non si cominciano a tagliare le consulenze?” si domanda la Cisl. “Nonostante la legge sulla spending review lo impedisca – sottolinea Schincaglia – molti dirigenti nelle aziende sono nominati dalla Regione anche se sono in pensione. Bisogna smettere di attribuire incarichi a chi è andato in pensione: con tutto il rispetto per quei professionisti, oggi ci sono tanti giovani bravi e senza lavoro”. E poi, non solo “tra le figure sanitarie solo il 3,6% ha incarichi organizzativi contro il 25% degli amministrativi,” ma tra le assunzioni autorizzate da viale Aldo Moro, la maggior parte sono dirigenti: 24 al Sant’Orsola, 10 all’Ausl e 11 al Rizzoli. “La revisione della spesa colpisce sempre e solo il personale e i servizi, mentre sui costi della dirigenza delle aziende e dell’Agenzia sanitaria nazionale non si discute mai”.
La Regione, critica il sindacato, “non tiene conto del fatto che Bologna è soggetta al turismo sanitario: per via delle eccellenze sanitarie che qui si trovano, pensiamo ad esempio al Rizzoli, o al Sant’Orsola, molti pazienti vengono da fuori regione per farsi curare e se per calcolare i tagli ci si basa esclusivamente sul parametro dei residenti, non si fa che mettere in discussione la tenuta del settore”.
Anche perché la crisi del sistema sanitario non riguarda solo Bologna. “I tagli colpiscono tutta la regione, e se da un lato si è riusciti a preservare anche i piccoli ospedali, che in un primo momento rischiavano la chiusura, dall’altro è necessario agire affinché i servizi siano implementati: Oggi, infatti, quelle strutture forniscono una rete di assistenza alla quale i cittadini non possono rinunciare”.
Per questo, conclude la Schincaglia, “sulla sanità serve la massima trasparenza ed è essenziale preservare, attraverso un patto di salvaguardia tra azienda Ausl, istituzioni e organizzazioni sindacali, le eccellenze della città. Rischiamo di pagare un prezzo enorme ai tagli lineari che la Regione Emilia Romagna imputa in particolare al territorio bolognese. Imporre tra i costi standard a carico dei cittadini bolognesi la spesa sostenuta dalle aziende per rispondere ai flussi di pazienti provenienti da altre regioni o altre province è capzioso, e produce un danno notevole al sistema cittadino”.