Dopo la sentenza della Cassazione, Berlusconi è tornato a invocare una revisione del sistema giudiziario. Ma la via più rapida potrebbe essere fare appello al voto diretto degli italiani. Per questo "il Pdl sostiene fortemente il referendum", dice Daniela Santanché. Il coordinatore nazionale Verdini ha messo in moto la macchina organizzativa del partito. E presto il Cavaliere potrebbe scendere in campo in prima persona
E’ da sempre una delle ‘ossessioni’ del Pdl e del suo leader, Silvio Berlusconi. Adesso è anche nodo cruciale del governo Letta. La sentenza della Cassazione – che ha confermato in via definitiva la condanna a 4 anni per Berlusconi – ha rilanciato in maniera prepotente il tema della riforma della giustizia. Il Cavaliere la pretende, persino il Colle auspica “un esame dei problemi relativi all’amministrazione della giustizia”. E con il premier Enrico Letta che nella riforma può trovare l’appiglio giusto per ancorare il suo governo delle “larghe intese”, le condizioni sembrano non essere mai state così propizie. Storicamente, però, intervenire per via parlamentare sul sistema giudiziario italiano è sempre stato difficile. “In Italia è praticamente impossibile – spiega Saverio Romano, ex ministro delle Politiche agricole e deputato Pdl (già imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, e assolto nel luglio 2012) – nessuno può modificare lo status quo e i privilegi di questo sistema”. Lo stesso Berlusconi, del resto, ci ha provato più volte negli ultimi anni. Senza riuscirci. Per questo adesso il Pdl vuole giocarsi la carta del referendum popolare.
I quesiti, in realtà, sono stati indetti lo scorso maggio dai Radicali, al suono dello slogan “Giustizia giusta”: si va dalla responsabilità civile dei magistrati alla separazione delle carriere, dall’abolizione dell’ergastolo alla limitazione della custodia cautelare, passando per la lotta al fenomeno dei “magistrati fuori ruolo”. E l’ufficio di presidenza del Popolo della Libertà ha deliberato ad inizio luglio di appoggiarli in blocco. “Anche se – aggiunge il senatore Pdl Francesco Maria Amoruso – ci sono quesiti più rilevanti di altri: l’abolizione dell’ergastolo, ad esempio, non mi sembra un problema effettivo. E poi potrebbe urtare alcune sensibilità“. Evidente, quindi, che gli azzurri puntino forte soprattutto su responsabilità civile (quesiti 1 e 2), restrizione del ricorso al carcere preventivo (quesito 4) e distinzione dei ruoli di giudice e pm (quesito 6). Tre provvedimenti che Berlusconi invoca da anni.
Lui – il leader condannato – non ha ancora firmato in prima persona. “Perché è molto ottimista – spiega a ilfattoquotidiano.it l’onorevole Romano, fra i più attivi nel Pdl nel promuovere il referendum -, è convinto di vincere alle prossime elezioni, avere la maggioranza e fare la riforma in Parlamento“. Lo scenario politico, però, è tutto da decifrare. Per questo presto anche lui potrebbe scendere in campo in prima persona: secondo un’indiscrezione riportata da Libero, la firma dovrebbe arrivare entro fine agosto a Piazza San Babila. E in quell’occasione il Cavaliere potrebbe anche rifondare ufficialmente Forza Italia.
Non a caso, domenica alla manifestazione di via del Plebiscito a Roma, era presente un banchetto con sei autenticatori. La macchina organizzativa del partito si è messa in moto, come ha confermato anche Daniela Santanché negli studi del Fatto quotidiano: “Sosteniamo pienamente e fortemente il referendum. Oggi il coordinatore nazionale Denis Verdini ha inviato una circolare a coordinatori regionali, provinciali e cittadini dando un target di firme da raggiungere”. La raccolta, del resto, è stata avviata già da diverse settimane e procede con buoni risultati in varie regioni, come Puglia, Lazio, Toscana. In Campania l’ex ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, ne avrebbe raccolte da sola più di diecimila. Anche perché l‘obiettivo delle 500mila firme non è facile da raggiungere: ci sono solo 40 giorni di tempo e un’estate di mezzo. Il 10 settembre è prevista una verifica intermedia, poi – eventualmente – verrà lanciata la volata finale, in vista del 30 settembre, termine ultimo di presentazione.
Ma la vera battaglia comincerà dopo, in autunno. “Le nostre iniziative riguarderanno non soltanto la raccolta delle firme, ma anche la promozione del voto favorevole”, spiega Romano. Gli fa eco il senatore Amoruso: “La buona riuscita del referendum sarà un impegno prioritario del partito”. Un piano d’azione dettagliato non è stato ancora stato stilato, ma da ottobre in poi è lecito attendersi uno spiegamento di forze a sostegno dei quesiti referendari. “Facciamo un passo alla volta: prima tagliamo il traguardo delle 500mila firme, poi penseremo ad una campagna mediatica adeguata a sensibilizzare l’opinione pubblica”, afferma Amoruso. Che aggiunge: “Porteremo gli italiani al voto. E poi ci assicureremo che non si ripeta quanto accaduto nel 1987, quando l’espressione della volontà popolare fu disattesa da una certa classe politica, che insabbiò l’esito del referendum”.
Adesso il Pdl promette un finale molto diverso. Perché, in attesa di capire come andranno le cose in Parlamento, l’appello al voto diretto dei cittadini potrebbe essere lo strumento giusto per portare a compimento la tanto agognata riforma della giustizia. In fondo, la via del consenso popolare è sempre stata quella prediletta da Berlusconi.
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