È tornato a farsi vivo con una missiva e due chiamate, sempre indirizzate alla stessa struttura sanitaria nel milanese, l’uomo che asserisce di essere coinvolto nel caso dell’omicidio della 13enne scomparsa da Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo nel 2010 e trovata morta tre mesi più tardi in un campo
Una nuova telefonata all’ospedale di Rho, in provincia di Milano, da parte dell’uomo che asserisce di essere coinvolto nel caso dell’omicidio di Yara Gambirasio è arrivata la mattina di giovedì 8 agosto. L’ennesimo tentativo di mettersi in contatto con don Antonio Citterio, cappellano del presidio ospedaliero, dopo la testimonianza lasciata sul registro della chiesa e una prima lettera messa sotto lo zerbino di casa sua martedì 6 agosto, con la conseguente chiamata alla portineria il giorno successivo per assicurarsi che la missiva fosse giunta a destinazione. Tre fogli scritti a penna e firmati da un certo ‘Mario’ – come anticipato dal quotidiano L’Eco di Bergamo – che non ha lasciato il cognome, tantomeno indizi utili alla sua individuazione.
La telefonata, arrivata alla portineria ieri, è stata passata al cappellano che però non era in ufficio. Secondo le prime indiscrezioni sul contenuto della lettera, il sacerdote sarebbe stato scelto dall’uomo come “tramite su cose delicate”, per rivelare cioè elementi utili alle indagini sulla 13enne scomparsa da Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo, il 26 novembre del 2010 e trovata morta tre mesi più tardi in un campo di Chignolo d’Isola, a pochi chilometri di distanza. ‘Mario’ ha asserito di frequentare assiduamente una chiesa bergamasca, la chiesa del Galgario, posta vicino alla Questura.
Gli inquirenti stanno analizzando le telefonate, in realtà moltissime, arrivate alla portineria negli ultimi giorni. “Mi chiamo Mario, sono stato io” – aveva detto la mattina del 7 agosto all’addetto in portineria – “Sono malato di cancro. Sono io l’autore del messaggio in chiesa su Yara. Volevo solo sapere se il cappellano ha ricevuto la mia lettera”. Gli inquirenti sono scettici, potrebbe trattarsi di un mitomane, ma nessuna pista viene tralasciata nel caso Yara, dove allo stato continua a non esserci traccia di possibili colpevoli.
L’ingresso dell’ospedale di Rho è presidiato da telecamere: la polizia ha preso in consegna i filmati per cercare tracce della persona che si è spacciata per Mario, in modo particolarmente insistente. Un elemento, quest’ultimo, che confermerebbe, per gli inquirenti, l’ipotesi del mitomane. Ora la polizia sta anche cercando di risalire al numero che ha telefonato in ospedale. Le indagini si stanno concentrando, oltre che sui familiari dei pazienti ricoverati nella struttura, anche su chi ha usufruito di trattamenti di day hospital nell’ultima settimana. L’insistenza con cui il misterioso individuo cerca il sacerdote, fa ipotizzare che i due abbiano avuto un contatto tra le corsie ospedaliere durante le visite che il cappellano fa abitualmente agli ammalati.
“Siamo contenti della solerzia della magistratura per l’attenzione a ogni vicenda legata a questo caso, anche se non ci facciamo troppe illusioni. Di mitomani ne abbiamo già visti parecchi”, ha detto l’avvocato Enrico Pelillo, il legale dei genitori di Yara Gambirasio, che attendono ancora giustizia per l’uccisione della loro figlia tredicenne. Un’inchiesta condotta con grande dispiego di forze ma che per ora non ha condotto a nulla, ed è stata costellata da segnalazioni rivelatesi sbagliate se non provenienti da mitomani.