La comunicazione dovrebbe essere la prima dote dei giornali. Soprattutto una comunicazione chiara. Leggendo invece il Corriere della Sera e Repubblica, agli occhi dei lettori giovedì sono apparsi due titoli simili ma uno in contraddizione con l’altro. Quello del Corriere celebrava il quotidiano milanese come “primo nella diffusione” con 442.303 copie, il secondo incoronava Repubblica come “prima in edicola” con 312.003 copie. Ma se la diffusione di un giornale indica quanto quest’ultimo viene venduto e l’edicola è il luogo per eccellenza dove si comprano i giornali, com’è possibile che le due testate siano primi in contemporanea? E’ possibile. Perché i numeri pubblicati vanno interpretati non con il significato comune delle parole utilizzate nei titoli ma coi tecnicismi che stanno dietro le rilevazioni della società Ads (Accertamenti Diffusione Stampa), incaricata di registrare le vendite di giornali e periodici italiani.

A seconda di come si guardano i numeri, perciò, sia Corriere che Repubblica riescono ad avere ragione. Il quotidiano Rcs è primo con 442.303 copie perché considera come termine di raffronto il “totale diffusione cartacea + digitale”, nel quale confluiscono sia le copie realmente pagate dai lettori ma anche gli “abbonamenti gratuiti” e gli “omaggi” e pure le copie digitali vendute in abbinamento con quelle cartacee, perché queste ultime sono ancora le più richieste in Italia. Sul totale diffusione cartacea + digitale Repubblica si ferma sulle 408.227. Da Roma, però, il quotidiano del gruppo L’Espresso ribatte di essere lui il primo con “312.003 copie vendute, 16.161 in più del suo diretto concorrente, il Corriere della Sera (295.842)”, perché è l’edicola il canale di vendita più rappresentativo (ma non l’unico) visto che ogni volta che un lettore compra lì un giornale lo fa consapevolmente e non si può dire che gli sia arrivato in mano come omaggio o in abbinata a un’altra testata differente che aveva scelto di acquistare.

Siccome adesso la nuova frontiera della stampa è il digitale, per superare del tutto il Corriere, Repubblica deve aggiungere di essere prima anche su questo fronte: “Il primato si conferma anche quando dal cartaceo si passa alle copie digitali (vendite singole più multiple): la Repubblica ne totalizza 50.014 contro le 46.354 del Corriere”. Anche questa volta il giornale del gruppo L’Espresso tiene conto delle vendite reali (escludendo per esempio gli abbinamenti) ma poi aggiunge anche lei quelle “multiple” realizzate attraverso “un’offerta commerciale che prevede a fronte di un’unica transazione economica” l’acquisto di più copie, come spiega la stessa Ads, purché il prezzo di vendita di ciascuna copia digitale sia “almeno pari al 30% del prezzo di vendita dell’edizione cartacea”. Significa che un lettore può trovare vantaggioso comprare più copie, anche se gliene interessano solo pochi numeri, perché l’intero pacchetto può essere economicamente conveniente. Considerando invece le vendite singole di copie digitali, Corriere e Repubblica sarebbero quasi alla pari, rispettivamente con 43.973 e 44.386 copie. Una differenza di sole 413 copie, a vantaggio di Repubblica. Al di là della delicatezza di autolodarsi, il quotidiano della finanza buona milanese e quello dell’intellighenzia di sinistra lo fanno entrambi partendo dallo stesso presupposto: più copie si scrive di avere venduto, più facile è convincere gli inserzionisti pubblicitari a non investire sulla concorrenza. Per completezza, il Fatto Quotidiano diffonde su carta e digitale 62.885 copie complessive. In edicola ne vende 50.068, sul digitale sono 11.346 le vendite singole. La sua diffusione cartacea comprende 332 copie omaggio. Non ha né vendite di copie digitali multiple né in abbinata all’edizione di carta.

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