La profezia sull’apocalisse da spread in caso di condanna per Berlusconi giace serenamente sepolta accanto a quella dei Maya.
In definitiva chi tratta titoli sovrani, come gestore di risparmio o come intermediario, raramente ha ammirato le autocelebrate doti di statista dell’ex Cavaliere, fin dalla sua prima effimera esperienza di governo nel 1994 che ne mise a nudo l’incompetenza e l’inconcludenza.
Nel recente passato, poi, gli strali contro la Bce, i proclami sulla stampa di euro nella Zecca italiana, l’invocazione a sbattere i pugni sul tavolo a Bruxelles, ne hanno accentuato la caratura circense per cui la sua uscita di scena susciterebbe un moto di sollievo collettivo, non le tensioni di cui lo spread è il termometro.
Nei trading floor, smesse le lenti delle passioni politiche, la vicenda di Berlusconi appare ugualmente di cruda limpidezza. Astraendosi dal merito delle accuse e dalle vicende processuali, è ovvio che il Cavaliere ha avuto costantemente disperato bisogno di coagulare un consenso più vasto possibile come arma contundente contro magistratura e istituzioni indipendenti.
Quindi con maggioranze senza precedenti in Parlamento, l’Unto è sempre rimasto invischiato nelle decisioni sostanziali, a parte leggi ad personam e condoni, perché qualsiasi riforma avrebbe inevitabilmente pestato alluci callosi di qualche interesse organizzato, corporazione o lobby.
La cifra dei governi Berlusconi per chi deve reagire quotidianamente agli andamenti della situazione economica e dell’azione politica è stato un tragico immobilismo, malamente imbellettato nella sterile prosopopea di Tremonti.
Oggi tra operatori finanziari o semplici investitori sul caso Italia è scesa la rassegnazione. Si sta come d’estate sugli alberi le cicale, augurandosi (a mio avviso vanamente) che la chiave della crisi rimanga affidata alle mani di Draghi e che “Faremo tutto il possibile” costituisca una diga verbale di cui nessuno verifichi la dubbia consistenza.
Insomma nessuno si esalta, ma nessuno recita (che Pavese ci perdoni) insieme a Enrico Letta “Verrà la morte e avrà la tua pompetta”.
il Fatto Quotidiano, 7 agosto 2013