La notizia è tenuta ben al riparo da occhi troppo curiosi. Ma oggi, dopo una serie di rinvii, si celebreranno le assemblee di Anas, Ferrovie dello Stato, Invitalia. Con la conseguente nomina dei relativi consigli di amministrazione.
È rarissimo vedere convocate assemblee societarie poco prima di Ferragosto. Quando avviene ci sono generalmente motivi urgentissimi. Che nel caso di Anas, Ferrovie dello Stato e Invitalia non paiono proprio sussistere.
Va però detto che mai convocazione, da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze – unico azionista delle suddette società – fu più tempestiva. Perché cade proprio mentre il Parlamento sta litigando sui tetti agli emolumenti dei manager pubblici e dunque prima che i parlamentari riescano ad approvare il provvedimento. Che dunque non inciderà sui ricchissimi guadagni dei vertici delle tre partecipate.
È un vero peccato che il ministro Saccomanni non abbia sentito su di sé il peso della responsabilità di rimandare l’assemblea di poche settimane, così da garantire che gli amministratori delegati di Anas, Ferrovie dello Stato e Invitalia venissero assoggettati al taglio dei rispettivi stipendi. Che sono di molto superiori al limite ipotizzato dal Parlamento.
Perché Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato dal 2006, ha un appannaggio di circa 870 mila euro annui. Mentre Pietro Ciucci e Domenico Arcuri, rispettivamente amministratore unico di Anas e amministratore delegato di Invitalia, viaggiano attorno ai 750 mila euro.
Dovremo aspettare almeno tre anni per vedere ridotti i lauti guadagni di Arcuri, Moretti e Ciucci. Così come di coloro i quali hanno avuto analoga fortuna di vedersi confermati al timone delle rispettivi aziende partecipate dallo Stato, senza dover fare i conti con la norma in via di approvazione che argina, più che tagliare, gli appannaggi dei manager pubblici.
Un discorso a parte, poi, meriterebbe, Invitalia (ex Sviluppo Italia), che in questi anni non ha certo spiccato per protagonismo negli ambiti oggetto della sua mission: investitori stranieri ne sono arrivati ben pochi, il progetto dei 50 porticcioli turistici che avrebbe dovuto realizzare Italia Navigando è al palo, l’idea di rilanciare il turismo al Sud con l’insediamento di nuove e moderne strutture non è mai decollata.
E dunque sarebbe interessante capire se nella certa conferma di Domenico Arcuri – già frequentatore di VeDrò, il think tank di Enrico Letta – abbiano anche, seppur minimamente, pesato valutazioni sul lavoro svolto in questi anni. E non solo le consuete alchimie politiche, per giunta aggravate dall’equilibrismo imposto dalle larghe intese.
Ma questo è evidentemente chiedere troppo. Soprattutto ad un governo che del cerchiobottismo in salsa neo-democristiana sta facendo una vera e propria bandiera.
Twitter: @albcrepaldi