All’inizio, frugando tra i ricordi, sui giornali di famiglia veniva descritto come anticipatore di sentenze e chiacchierone di costumi sessuali di deputate in carica. Puntuali sono poi arrivate le bordate di fango dai sodali del pregiudicato: ” Giudici comunisti”, “Assunti con concorsino”. Nessuna difesa. Silenzio anche da quelli che oggi intervengono dopo l’intervista rilasciata al Mattino nella quale ha ribadito che B. è colpevole, in fondo la sezione feriale della Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello annullando l’interdizione che deve essere ricalcolata. Una ovvietà, insomma. E’ il destino toccato al giudice che presiedeva la sezione che ha confermato la condanna inflitta a Silvio Berlusconi a 4 anni per frode fiscale. La colpa di Antonio Esposito e dei suoi colleghi è di aver applicato la legge. Inopportuno, è stato detto, aver rilasciato un’intervista poco dopo la sentenza, una ingenuità, certo, ma in quel colloquio è stata solo ribadita la conferma della sentenza.
Ho partecipato tra i relatori in alcuni dibattiti, organizzati dall’associazione Caponnetto, con il presidente Esposito tra gli ospiti. Alla fine degli incontri durante il buffet non ho avuto modo di vedere bicchieri di troppo e neanche ascoltare dissertazioni su deputate e costumi sessuali. Ricordo altro e di grande interesse. Nei suoi interventi il giudice affrontava gli intrecci emersi da sentenze passate in giudicato che raccontano il rapporto stretto tra politica e mafie. Perché Esposito ha dovuto affrontare e giudicare imputati eccellenti. Si è occupato dei processi di mafia, dell’attentato all’Addaura contro Giovanni Falcone, fino alla banda della Magliana, dei Casalesi, i malacarne che hanno devastato l’Italia. Di recente ha respinto il ricorso per Cassazione dell’ordinanza cautelare emessa a carico dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino. La Corte da lui presieduta ha confermato la condanna a Totò Cuffaro, in ultimo, lo scandalo Antonveneta e la conferma della condanna ad Antonio Fazio. Ha giudicato lo scandalo lombardo, impasto tra ‘ndrangheta e mondo delle professioni. Di rilievo, nella sua analisi, l’assenza di difese di casta. Ha, in diverse occasioni, bacchettato e criticato anche i giudicati dei colleghi che minano o mettono a rischio l’applicazione della normativa antimafia.
Da ultimo è stato chiamato a presiedere la sezione che ha confermato la condanna di B. Il vento delle larghe intese si è fermato di fronte al Palazzaccio. Pronostico sbagliato per chi giudicava la composizione della sezione moderata, conservatrice e spostata a destra. In molti puntavano sull’annullamento. Invece, la sezione e i giudici hanno respinto il ricorso dei legali di B. decidendo in nome e per conto della giustizia. Sentenza irrevocabile. Condanna confermata. Troppo per un paese bislacco, stanco, ferito da anni di sottocultura, abituato a chinare la testa, a fare del potente un impunito per definizione. E ora arrivano le consuete palate di fango. L’altra sera dopo la manifestazione a sostegno di B., il pregiudicato si è affacciato al balcone ed è stato accolto al grido di ‘duce, duce’. Ho intervistato i suoi sostenitori che avevano le idee chiare sui giudici: ‘comunisti’, ‘associazione a delinquere’, ‘venduti’. E allora ho chiesto: venduti a chi? E il manifestante ha risposto, pregno di soddisfazione: “Venduti allo stato”.
Poche ore ed è arrivata l’intervista del giudice Esposito al Mattino, la smentita, la pubblicazione dell’audio, la nuova smentita. Il topolino invisibile di fronte al gigante. Il gigante è una verità nuda e cruda. B. che ha occupato 20 anni di storia del paese è un pregiudicato, condannato in via definitiva per frode fiscale e imputato in altri processi per reati gravissimi. In ogni altro posto del globo sarebbe in galera o a casa a godersi i domiciliari con la compagnia di un cane, forse. Ma valanghe di leggi ad personam lo hanno salvato, in questi anni, di impunità imperante. Il dato politico è che altrove nessuno gli darebbe più patenti di legittimità per guidare il paese o indicare maggioranze, scelte o indirizzi neanche di partitini. In Italia è diverso. I suoi sostenitori, quelli che abitano le aule parlamentari e i seguaci nelle manifestazioni con palchi abusivi, dovrebbero farsene una ragione e, invece, rispondono con la solita macchina messa in moto per l’occasione. L’obiettivo, ridisegnando la scaletta di tg, è cancellare il dato di realtà. Un dato che è un macigno: avere in questo paese il peggior centrodestra europeo e un delinquente alla sua guida. Ma la priorità ora sono i giudici mentre Berlusconi, per amici e sodali, è il Mandela italiano.