Sono stati “la causa efficiente dello scioglimento del Consiglio comunale”. Con una sentenza di 120 pagine, il tribunale civile di Reggio Calabria falcia quasi un’intera classe politica di centrodestra già travolta lo scorso ottobre dallo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. I giudici hanno stabilito, infatti, l’incandidabilità dell’ex sindaco Demetrio Arena, il delfino del governatore Giuseppe Scopelliti che, dopo essere stato defenestrato da Palazzo San Giorgio con la pesante accusa di guidare un’amministrazione contigua alla ‘ndrangheta, è stato premiato con la nomina ad assessore regionale alle Attività produttive.
Pesantissimo il commento del tribunale presieduto dal giudice Rodolfo Palermo sulle “scelte politico-amministrative dell’Arena” che “hanno reso fortemente permeabile un settore nevralgico come quello dei Lavori pubblici agli interessi della criminalità organizzata”. Dalla sentenza, infatti, emergono “forme di condizionamento tali da determinare un’alterazione del procedimento di volontà dell’ente”.
Il tribunale civile ha stabilito l’incandidabilità anche per gli ex assessori Pasquale Morisani (Lavori pubblici), Walter Curatola (Patrimonio edilizio) e Peppe Martorano (Protezione civile), l’ex presidente del Consiglio e poliziotto Sebastiano Vecchio (alcuni collaboratori di giustizia lo indicano come vicino alla cosca Serraino), per i consiglieri Giuseppe Eraclini e Giuseppe Plutino (quest’ultimo arrestato nell’operazione antimafia “San Giorgio”) e per l’ex assessore comunale Luigi Tuccio.
Quest’ultimo è l’ex coordinatore cittadino del Popolo della libertà entrato l’anno scorso in polemica con Roberto Benigni. Prendendo spunto, infatti, dallo show di Fiorello al quale aveva partecipato il comico toscano, Tuccio aveva commentato su facebook: “Abbiamo pagato Benigni per fargli fare l’ennesima filippica contro Berlusconi e la lode della merda! Comunista ebreo miliardario e senza contenuti!”. Ma non sono state le esternazioni fasciste di Tuccio ad aver spinto il tribunale civile di Reggio a decretare la sua incandidabilità. Il politico di centrodestra “a sua insaputa” si è ritrovato imparentato con esponenti della cosca Condello. L’ex assessore all’Urbanistica, infatti, solo il giorno dell’arresto della suocera (accusata di aver favorito un boss latitante) ha “scoperto” di essere cognato dell’ergastolano Pasquale Condello Junior, cugino e omonimo del mammasantissima conosciuto con il soprannome del “Supremo”.
“Soltanto oggi ho appreso, a seguito del fermo della signora Cotroneo Giuseppa Santa, questa triste vicenda” aveva affermato l’esponente del Popolo della libertà smentito poche settimane dopo dal decreto del ministro dell’Interno che ha disposto il 41 bis per il boss Nino Imerti, detenuto a Voghera assieme al cognato di Tuccio. Nella richiesta di sottoporre Imerti al carcere duro, il sostituto procuratore della Dda Giuseppe Lombardo aveva evidenziato l’intenzione del boss di coinvolgere soggetti esterni al circuito giudiziario per ottenere benefici detentivi. Il riferimento era a Luigi Tuccio per il quale il boss Imerti, intercettato in carcere, aveva raccomandato alla cognata: “Sa pure che i voti glieli date a… o non lo sa?».
Un altro assessore incandidabile è Pasquale Morisani che, pur non indagato dalla Procura di Reggio, ha ammesso i suoi rapporti con il boss di Pietrastorta Santo Crucitti. I due erano compagni di scuola e sono stati intercettati mentre discutevano di politica e di voti in occasione della campagna elettorale per le comunali del 2007. Una lunga conversazione, all’interno dell’ufficio di Crucitti, della quale i magistrati hanno chiesto conto al politico fedelissimo di Scopelliti. Interrogato, Morisani ha candidamente spiegato che conosce Santo Crucitti, poiché sono cresciuti assieme, ma non sapeva che è ritenuto un boss della ‘ndrangheta. E comunque, quando l’ha scoperto, non ha avuto alcun problema nel mantenere il rapporto di amicizia. Da anni è impegnato in politica a Reggio Calabria ma non aveva mai sentito parlare di cosche mafiose. Non sapeva neanche che nel suo quartiere, Pietrastorta, esisteva la ‘ndrangheta. Ancora meno che il boss fosse il suo compagno di scuola intercettato mentre gli rastrella i voti del quartiere.
E se le società miste del Comune sono state travolte dalle inchieste della Direzione distrettuale antimafia, il tribunale civile presta attenzione anche ai finanziamenti concessi dall’ente alle associazioni culturali e di volontariato. Stando alle indagini, infatti, – scrivono i giudici riprendendo il contenuto della relazione della commissione d’accesso – i clan hanno “usato la veste della associazioni senza scopo di lucro, intestandole a prestanomi, per introitare i finanziamenti da parte del Comune”.
Sono usciti indenni dal procedimento di incandidabilità i consiglieri comunali Nicola Paris, Bruno Bagnato e il giovane Nicola Irto (del Partito democratico). Nei loro confronti, il tribunale ha accolto la tesi dell’avvocato Alfonso Mazzuca che, nella sua arringa in difesa di Irto, ha sottolineato, seppur imparentato con soggetti malavitosi, non ci sono elementi per poter sostenere che è stato condizionato dalla ‘ndrangheta. Come per dire, i parenti non si scelgono. Gli amici si.
Ecco la replica di Demetrio Arena, affidata all’agenzia Ansa. “Apprendo che il tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato la mia incandidabilità limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento del Comune di Reggio Calabria, che produrrà effetti solo se sarà confermata in appello e in Cassazione. Da una prima lettura emerge la disarmante acriticità con cui il Tribunale ha ritenuto di dovere recepire pedissequamente quanto riportato nella relazione ministeriale senza valutare sotto alcun profilo le argomentazioni difensive e la copiosa documentazione ritualmente riprodotta in giudizio”.