“Abolire l’ergastolo” è un’idea di Totò Riina, lanciata nel papello del ’92, quasi tutto realizzato da destra e sinistra, a parte appunto ergastolo e dissociazione dei boss. “Responsabilità civile dei magistrati”, “rimodulare l’obbligatorietà dell’azione penale individuando priorità” e “riformare la custodia cautelare” invece sono tre cavalli di battaglia di B. Bel modo per non farsi dettare l’agenda.
Ma le idee, oltreché copiate, sono anche confuse. La responsabilità civile delle toghe esiste già per legge, con l’ovvio limite – previsto in tutte le democrazie – che gli errori giudiziari li risarcisce lo Stato e può rivalersi sul magistrato solo in caso di dolo o colpa grave. L’azione penale obbligatoria è prevista dalla Costituzione ed esclude che qualcuno possa indicare quali reati perseguire e quali no. Quanto alla custodia cautelare, “limitarne l’utilizzo improprio in assenza di sentenze passata in giudicato” è una corbelleria bella e buona: la custodia cautelare riguarda appunto il periodo precedente le condanne definitive, altrimenti è espiazione della pena.
Ma, incassato il viatico del Foglio, Leva rincara la dose sull’Unità con altre perle di rara saggezza. Vuole “eliminare la custodia cautelare obbligatoria per titolo di reato, eccetto ovviamente i reati più gravi, ad esempio mafia, terrorismo, violenza sessuale, stalking”: forse non sa che le manette preventive, dal ’95, non sono più obbligatorie nemmeno per mafia, e quando il Parlamento provò a reintrodurle per la mafia e lo stupro (ma non per l’omicidio!), fu sconfessato dalla Consulta. Quindi ciò che Leva vuole levare è già stato levato, e pure ciò che vuole lasciare. Siccome poi insiste sull’ergastolo, dovrebbe sapere che di fatto non esiste più, se non per i boss irriducibili (ergastolo “ostativo” ai benefici penitenziari: permessi, semilibertà, lavoro esterno): gli altri ergastolani escono dopo 25-30 anni. Abolire l’ergastolo avrebbe dunque un solo effetto: l’uscita di centinaia di boss, compresi quelli delle stragi del 1992-‘93, detenuti da quasi vent’anni. Bel programma di giustizia progressista, non c’è che dire. Senza contare il rischio che Riina reclami i diritti d’autore.
Il Fatto Quotidiano, 10 Agosto 2013