Per capire qualcosa della lunga disputa su Gibilterra fra Regno Unito e Spagna basta considerare una data: fu solo nel luglio 2009 che si tenne, dopo 300 anni, la prima visita ufficiale di un politico spagnolo nella piccola penisola territorio d’oltremare di sua maestà la regina d’Inghilterra. In quei giorni, nel pieno delle discussioni, l’allora ministro degli Esteri Miguel Angel Moratinos varcò il confine, cercò di intavolare una discussione, ma inutilmente: neanche quella volta si trovò una quadra al problema della sovranità di Gibilterra. E sono bastate le vicende degli ultimi giorni a riaccendere una questione che va avanti dal 1713, da quando il regno di Castiglia confermò la sovranità britannica sulla fortezza e sulle terre circostanti, dopo che era stata la stessa Casa reale inglese a prendersi quasi con la forza quelle lande, nel mezzo del caos della guerra di successione spagnola (1701-1714). Poi, successivi re iberici ci ripensarono più volte e cercarono di assediare in infinite occasioni la penisola, senza alcun successo. E nemmeno la prova di forza – diplomatica – del generale Francisco Franco riuscì a rendere Gibilterra alla Spagna.
Perché, più di una disputa fra due Paesi sovrani, nel caso in questione pare essere in ballo l’autodeterminazione degli abitanti di questo territorio d’oltremare. I quali, più di una volta hanno detto di voler restare “attaccati a Londra”. L’ultima volta fu nel 2002, quando con un referendum respinsero l’ipotesi di un accordo sulla sovranità fra Spagna e Regno Unito. E, dopo quel voto, Londra stabilì che mai più avrebbe discusso delle sorti dello scoglio senza sentire prima il parere dei lontani colonizzati. Ma la Spagna, chiaramente, continua a provarci. Andando a ritroso, prima dell’annuncio della visita della Royal Navy britannica, pochi giorni fa, il 2 agosto, il ministro degli Esteri di Madrid, José Manuel Garcia-Margallo, aveva annunciato una possibile tassa di 50 euro per attraversare il confine fra Gibilterra e Spagna e anche la possibile chiusura dello spazio aereo iberico ai vettori che usano lo scalo del territorio. L’annuncio del ministro è giunto dopo l’iniziativa del piccolo governo, che ha deciso, a luglio, di potenziare una scogliera artificiale al largo della penisola. Il timore degli spagnoli era semplice: l’industria ittica ne avrebbe avuto solo un danno e il “dispetto” di Gibilterra avrebbe riacceso le tensioni. Cosa, poi, puntualmente avvenuta in questi ultimi giorni.
Già l’anno scorso, durante il giubileo della regina, c’erano state alcune scaramucce diplomatiche, quando la regina Sofia di Spagna aveva cancellato il suo viaggio a Londra, in risposta alle “continue ingerenze sulle cose spagnole” e a una visita del principe Edoardo proprio a Gibilterra, considerata da Madrid come un “affronto”. Ancora prima, nel 2009, quattro poliziotti spagnoli furono arrestati nel territorio della corona inglese dopo che avevano oltrepassato il confine mentre inseguivano dei presunti criminali. Nel 2007, invece, le associazioni ambientaliste spagnole avevano accusato Gibilterra di inquinamento “volontario”, così come avveniva agli inizi degli anni 2000, per le continue visite di sottomarini nucleari britannici. In questi giorni tutte queste diatribe hanno trovato un nuovo fuoco. Il primo ministro David Cameron si mostra arrabbiato con la Spagna e alcuni quotidiani tabloid lo accusano di ipocrisia, in quanto la penisola iberica è proprio una delle mete preferite per le vacanze della famiglia del premier. Intanto, si teme a Londra, quei quasi 30mila abitanti di Gibilterra, presto, in Spagna forse non potranno proprio entrarci, neanche in vacanza. Alla faccia dell’Unione europea e della libertà di movimento garantita da vari trattati.