In occasione della fine del Ramadan, il pontefice, come il predecessore Ratzinger, ha espresso solidarietà e vicinanza per la comunità islamica: "Dobbiamo formare i nostri giovani a pensare e parlare in modo rispettoso delle altre religioni e dei loro seguaci"
Francesco come Benedetto XVI. Come il suo diretto e vivente predecessore, Bergoglio all’Angelus si è rivolto ai musulmani chiamandoli “fratelli“. Un saluto impensabile soltanto mezzo secolo fa, ovvero prima del Concilio Vaticano II, che scrisse e approvò la dichiarazione “Nostra aetate”, pietra miliare per le relazioni tra la Chiesa di Roma e le religioni non cristiane, ebraismo e islamismo in primis, a cui il documento dedica paragrafi molto importanti. “Se, nel corso dei secoli, – si legge nel testo approvato da oltre 2500 padri conciliari – non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà”.
Un dialogo incarnato da gesti concreti: si parte da Giovanni XXIII che già da visitatore apostolico in Bulgaria, nel 1925, e poi, nove anni dopo, in Turchia e in Grecia come delegato apostolico, iniziò un dialogo ecumenico e interreligioso importantissimo che, una volta indossato la talare bianca nel 1958, lo vedrà attivo protagonista nei cinque anni del suo pontificato. Gesti della stessa intensità furono compiuti da Paolo VI che volle e seguì la stesura della dichiarazione conciliare “Nostra aetate” che, in un primo momento, avrebbe dovuto affrontare soltanto il rapporto con quelli che Giovanni Paolo II chiamerà i “nostri fratelli maggiori ebrei”, ma che, invece, fu allargata non solo al mondo islamico ma anche a tutte le altre confessioni religiose. In quel documento c’è, infatti, la genesi dello storico incontro di tutti i leader religiosi per la pace convocato nel 1986 ad Assisi dal Papa polacco e portato avanti ininterrottamente ogni anno dalla Comunità di Sant’Egidio fondata da Andrea Riccardi. Ma è Benedetto XVI a compiere un gesto straordinario: nel 2006 visita la Moschea Blu di Istanbul e, togliendosi le scarpe in segno di rispetto per il luogo sacro dei musulmani, prega dinanzi al mihrab che indica la direzione de La Mecca. Ratzinger non è il primo Papa a entrare in una moschea – lo aveva già fatto Giovanni Paolo II a Damasco nel 2001 – ma è il primo Pontefice a pregare con lo sguardo rivolto alla città dove è nato Maometto.
Papa Francesco, in perfetta continuità con i Pontefici del Vaticano II, ha voluto intensificare il dialogo con i musulmani inviando loro un messaggio per il mese di Ramadan, dedicato in modo particolare al digiuno, alla preghiera e all’elemosina. “Come ho scritto nel mio messaggio per questa circostanza – ha affermato oggi Bergoglio – auguro che cristiani e musulmani si impegnino per promuovere il reciproco rispetto, specialmente attraverso l’educazione delle nuove generazioni”. Parole fondamentali per proseguire quel dialogo tra la Chiesa di Roma e il modo islamico che in cinquant’anni, dal Vaticano II a oggi, non si è mai interrotto. Proprio nel messaggio per il Ramadan, Francesco ha scritto che “cristiani e musulmani siamo chiamati a rispettare la religione dell’altro, i suoi insegnamenti, simboli e valori. Uno speciale rispetto è dovuto ai capi religiosi e ai luoghi di culto. Quanto dolore arrecano gli attacchi all’uno o all’altro di questi! Chiaramente – ha proseguito il Papa – nel manifestare rispetto per la religione degli altri o nel porgere loro gli auguri in occasione di una celebrazione religiosa, cerchiamo semplicemente di condividerne la gioia, senza fare riferimento al contenuto delle loro convinzioni religiose. Riguardo all’educazione della gioventù musulmana e cristiana – ha sottolineato ancora Francesco – dobbiamo formare i nostri giovani a pensare e parlare in modo rispettoso delle altre religioni e dei loro seguaci, evitando di mettere in ridicolo o denigrare le loro convinzioni e pratiche”.
Sempre Bergoglio, incontrando, pochi giorni dopo la sua elezione, il corpo diplomatico accreditato in Vaticano, aveva affermato che “non si possono vivere legami veri con Dio, ignorando gli altri. Per questo è importante intensificare il dialogo fra le varie religioni, penso anzitutto a quello con l’islam, e ho molto apprezzato la presenza, durante la Messa d’inizio del mio ministero, di tante autorità civili e religiose del mondo islamico”. Con queste parole, spiegava il Papa “ho voluto ribadire ancora una volta la grande importanza del dialogo e della cooperazione tra credenti, in particolare tra cristiani e musulmani, e la necessità di rafforzarla”.