Per la prima volta lo stand arcobaleno della comunità Lgbt non sarà presente alla manifestazione. Il presidente Branà: "Vogliamo poterci esprimere sul palco. Non condividiamo molte scelte e l'ambiguità nell'affrontare i temi legati all'omofobia". Marco Macciantelli, responsabile del programma democratico: "Organizzeremo un dibattito. Troviamo una soluzione"
Forse non sarà un vero e proprio ‘divorzio’, ma quella in corso tra la Festa provinciale del Pd e l’Arcigay di Bologna sembrerebbe, quantomeno, una ‘separazione consensuale’. Perché quest’anno, e per la prima volta, sulla mappa delle celebrazioni democratiche, che come da programma inizieranno il 28 agosto prossimo al Parco Nord, lo stand color arcobaleno non ci sarà. Né saranno ospiti fissi all’ormai tradizionale evento d’inizio autunno i rappresentanti del Cassero e della comunità Lgbt, stanchi, spiegano, di riempire, con la loro presenza, solo “una casella”. E di esaurire, semplicemente allestendo il loro stand alla festa del Partito Democratico, tutte le possibilità di dibattito relative a temi come “l’omosessualità, i diritti e l’omofobia”. A gettare acqua sul fuoco, è Marco Macciantelli, sindaco di San Lazzaro e responsabile del programma del Pd, che sull’ipotesi “rottura” con la comunità Lgbt assicura: “Non c’è nessuna diserzione in atto. L’Arcigay – spiega – ci ha chiesto di trovare un nuovo modo di rappresentare i temi della comunità alla Festa, che vada oltre il semplice allestimento di uno stand. A noi è sembrata una proposta interessante, quindi ci siamo già sentiti al telefono e lavoreremo insieme per costruire un momento di confronto e di dibattito condiviso”.
Polemico il presidente dell’Arcigay di Bologna, Vincenzo Branà: “Quest’anno abbiamo deciso di non essere presenti alla Festa del Pd perché vogliamo lanciare un messaggio: vogliamo che sul programma vengano inseriti anche momenti di confronto sui temi Lgbt, come i matrimoni civili o la legge sull’omofobia. Purtroppo, negli anni passati, la sola nostra partecipazione sotto forma di stand era stata sufficiente a spuntare l’argomento dalla lista delle questioni da affrontare, invece il paese ha bisogno di discutere di questi temi”. La spaccatura tra Pd e Arcigay, spiega quindi Branà, non è proprio “uno scontro: ma già l’anno scorso la nostra partecipazione era stata problematica, specie in seguito alle contestazioni che avevamo messo in atto contro Rosy Bindi”, il famoso lancio di brillantini, “quindi abbiamo scelto di non costituire un ingrediente della Festa”.
Pesano sulla decisione della comunità Arcigay, l’ultimo soggetto, in ordine di tempo, a disertare le celebrazioni democratiche, dopo il forfait della Cgil, che quest’anno non gestirà né bar né ristoranti, ma si limiterà a una partecipazione più ‘di rappresentanza’, e dopo il malcontento della base, polemica contro il governo di Enrico Letta, il premier delle “larghe intese” che non a tutti piacciono, diverse questioni che, secondo Branà, il Partito Democratico non ha affrontato a dovere.
Come quella relativa alla legge sull’omofobia, iniziata a rilento e culminata con quella lettera firmata da 26 parlamentari, 15 dei quali di casa Pd, e pubblicata sull’Avvenire. Quella, insomma, in cui si rivendicava “la presenza cattolica in tutti i partiti che oggi fanno parte della maggioranza”, presenza in grado di “contribuire a ricercare soluzioni legislative equilibrate e rispettose di tutte le diverse sensibilità presenti nel Paese”, come l’elaborazione “una proposta di legge molto diversa da quella che era stata inizialmente presentata”. Aspetto che dovrebbe rappresentare “un motivo di soddisfazione per chi abbia a cuore una presenza efficace dei cattolici dentro le istituzioni” ma che per l’Arcigay è solo sintomo di un partito, quello Democratico, “ambiguo” sui temi cari alla comunità Lgbt, e “dominato da una minoranza” che sull’argomento ha una visione “troppo lontana dalla nostra”.
La legge, critica Branà sul suo profilo Facebook, “anziché essere discussa nella dialettica maggioranza opposizione, si trova ad essere strapazzata tra Scalfarotto e Fioroni, cioè tra Pd e Pd”. E pesa, per l’Arcigay di Bologna, “una città che sull’argomento si dimostra complessivamente molto più avanti rispetto al partito nazionale, che vanta un sindaco che, a dispetto della Curia, sale sul palco e si esprime a favore dei matrimoni civili” anche il posizionamento pubblico di Matteo Richetti, l’ex presidente dell’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna, firmatario della lettera. “Che sul tema dell’omofobia sceglie di schierarsi con Binetti e Buttiglione, gettando una legittima ombra di sospetto sui renziani e sul nuovo che avanza”. E’ possibile, si chiede Branà, “che tra i parlamentari eletti in quota Pd non ci sia un gruppo disposto a schierarsi a favore di una vera legge sull’omofobia? Possibile che 15 cattolici schierati con Buttiglione abbiano più peso delle tante persone capaci, serie e competenti che il territorio bolognese ha mandato a Roma?”.
No, spiega ancora Arcigay, “in questo confronto manca il modello bolognese, che su temi come i crimini d’odio deve prendere una posizione pubblica e rivendicare un ruolo sul piano nazionale”. E proprio per sollecitare questo dibattito la comunità Lgbt della Dotta ha deciso di disertare la Festa provinciale del Parco Nord. E forse il messaggio è stato recepito.