Ha lavorato 12 anni su elicotteri contaminati dall’amianto senza che nessuno l’avvertisse: “Non ne sapevo nulla”, dice Vincenzo Riccio, maresciallo dell’aeronautica, colpito nel 2010 da un carcinoma neuroendocrino. E “non ne so nulla” è la risposta del ministro della Difesa Mario Mauro quando è uscita la notizia del carteggio nel quale, a partire dal 1996, l’Agusta Westland informava i vertici del dicastero che sui velivoli di sua costruzione c’erano tracce di asbesto.
E così, dopo gli scandali sull’uranio impoverito, sui vaccini da cavallo somministrati alle truppe (leggi) e sull’esposizione all’elettrosmog (leggi), le Forze armate ora sono alle prese con un’altra grana: gli elicotteri all’amianto. Che, come nei casi precedenti, vuole dire una cosa soltanto: malattia e morte. Tant’è che sui decessi per mesotelioma registrati tra i militari sono in corso le indagini della Procura di Torino coordinate da Raffaele Guariniello.
E il maresciallo Riccio, classe 1971, congedato dopo 23 anni di servizio perché inabile al cento per cento e senza possibilità di reintegro in ruoli civili, non è stato mai informato dei rischi che la sua salute correva. “Fino a ieri – racconta in un’intervista rilasciata al FattoTv– pensavo che il mio tumore fosse causato dall’esposizione all’uranio impoverito”. Ragion per cui ha presentato causa di servizio all’Aeronautica militare, negata due volte con la motivazione che “la sua infermità è ricollegabile a fattori costituzionali”. Racconta di aver lavorato per oltre un anno nella base di Tallil, in Iraq, considerata la zona a più alta concentrazione del minerale radioattivo. Oltre alle missioni in Iraq, Riccio ha prestato servizio come radarista per dieci anni. Secondo il maresciallo, dunque, gli elementi per parlare di una contaminazione sistematica ci sono tutti. E il militare, mostrando il suo libretto sanitario, dichiara anche di essere stato sottoposto a “vaccinazioni animalesche”. Il protocollo impone una serie di vaccini prima di ogni missione: “Prima di partire per Nassirya – racconta Riccio – mi hanno inoculato per quattro mesi, la bellezza di 24 dosi, di cui tre in un solo giorno”. Tutto – denuncia il militare – nella disinformazione assoluta sui rischi.
La corrispondenza fra il dicastero e l’azienda controllata da Finmeccanica, pubblicata dall’Huffington Post dopo la segnalazione di Luca Comellini, segretario del Pdm (Partito dei diritti dei militari) prova che da almeno 17 anni la flotta di elicotteri delle forze armate italiane (e dei corpi armati dello Stato) contiene asbesto. Ed è proprio l’azienda che li ha fabbricati a definirli “inquinati” (“principalmente nella zona del vano freno rotore”).
E’ il 13 febbraio 1996 quando la Agusta Westland invia all’attenzione del ministro della Difesa un elenco dei velivoli di sua produzione accompagnato da una lettera in cui informa dei materiali pericolosi (amianto incluso) presenti all’interno dei mezzi. E aggiunge: “Non è possibile fornire una garanzia sull’assenza di altri materiali oltre a quelli indicati”.
Ma è l’ultima lettera inviata il 22 maggio 2013 a inchiodare il ministero della Difesa alle proprie responsabilità. In un passaggio si legge: “La Scrivente sin dal 1996, su richiesta dell’A.D. (Amministrazione Difesa, ndr) ha trasmesso l’elenco di tutti i materiali ‘pericolosi’ presenti sui nostri elicotteri. Successivamente, sempre su richiesta dell’A.D., è stato elaborato un elenco dei componenti installati sul modello AB212 contenenti amianto. Tale elenco è stato successivamente integrato per tutte le altre linee di elicotteri”. E di modelli pieni di amianto, scorrendo le tabelle, se ne trovano tanti: AB 206, AB 205, AB 212, AB 212 AS, AB 412: Il minerale “può essere contenuto in guarnizioni, condotti, tubi e pastiglie dei freni”. Nell’A129 “l’amianto è presente nelle guarnizioni delle paratie parafiamma”. Negli elicotteri SH-3D; HH-3F “può essere contenuto nelle pastiglie dei freni, ruote e rotore, e nella frizione”. Ed è proprio su quel modello che il maresciallo Riccio lavorava: “Facevo il manutentore di questi elicotteri, ma ho saputo dell’amianto leggendo l’articolo sul Internet”. E poi l’accusa: “Per 12 anni ho maneggiato oli e grassi a mani nude e nessuno mi ha mai avvisato della pericolosità di questi componenti, che sostituivo normalmente, senza alcuna rispetto delle norme sulla sicurezza perché nessuno ci ha mai avvertito del pericolo”.
Sul fronte politico, intanto, il M5S ha presentato alla Camera e al Senato due interrogazioni parlamentari per sapere i motivi per i quali in questi anni, non si sia proceduto alla bonifica dall’amianto e perché non siano state intraprese azioni per garantire la massima tutela della salute del personale militare che opera sugli elicotteri contaminati.
Ad abbandonare il maresciallo Riccio, almeno per il momento, sono anche le istituzioni politiche. Viene sentito dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito nel dicembre scorso. Ma due mesi dopo, a febbraio, il militare riceve una mail dal Senato che lo informa: “Per cause indipendenti dalla volontà della Commissione non è stato possibile effettuare la valutazione del Suo caso deliberata dalla Commissione stessa su proposta del Presidente”. La causa cui si riferisce la lettera è il decreto di scioglimento delle Camere. “Siamo certi – conclude la mail del Senato – che il Suo buon diritto verrà riconosciuto”.