Duecentomila posti di lavoro in meno. E’ questo il piano dei tecnici del ministero del Lavoro e del Tesoro, secondo quanto riportato da Il Messaggero, che starebbero lavorando per sondare il terreno e cercare di capire dove e come effettuare i tagli su una platea di oltre tre milioni di quadri, operai e impiegati per una durata di almeno tre anni. I tecnici stanno valutando numerose ipotesi, ma tra le cose certe c’è il fatto che non sia previsto nessun licenziamento, ma esodi (non agevolati), come specificato da Il Messaggero, per i dipendenti over 57 attualmente costretti dalla riforma delle pensioni della Fornero a restare al lavoro.
A inizio agosto il rapporto pubblicato da Aran aveva descritto un calo del personale della pubblica amministrazione del 3,5% dal 2012. Giù anche i salari dell’1,3%, con un risparmio per lo stato di 6,6 miliardi al lordo dei contributi. Pochi giorni fa invece c’è stato l’annuncio del blocco degli stipendi della pubblica amministrazione fino a dicembre 2014. Una scelta del consiglio dei ministri per far fronte alla particolare congiuntura economica. che ha scatenato una dura reazione dei sindacati a tal proposito: la Confederazione Usb ad esempio, ha proclamato uno sciopero generale per il prossimo 18 ottobre.
Un muro contro muro che si vorrebbe invece evitare per quanto riguarda i tagli delle unità. Per sondare il terreno e valutare se vi sia lo spazio e le possibilità per proseguire su tale percorso, il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini ha iniziato i primi sondaggi informali con le organizzazioni sindacali. Il blocco dei contratti e la riduzione degli stipendi potrebbero essere i nodi cruciali capaci di ostacolare la trattativa. Secondo Il Messaggero, il piano starebbe per finire sul tavolo del primo ministro Enrico Letta e potrebbe essere discusso già a settembre.
Il confronto con i sindacati si annuncia a tutto campo. Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, chiede infatti che siano incluse pensioni d’oro, consulenze, sprechi e anomalie. Per cercare di strappare inoltre nuove risorse per le retribuzioni congelate da ormai sette anni e integrare il sistema che dovrebbe, almeno sulla carta, premiare anche finanziariamente la competitività. Il timore è quello di avere un autunno caldo con lavoratori e sindacati in piazza a mettere in discussione le scelte del governo delle larghe intese. Uno scenario che il ministero vuole evitare a qualsiasi costo.