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Papa Francesco, la Juve, Borgonovo e il prato di San Siro

Alex Ferguson, da calciatore non era un campione, ma da allenatore sì, e anche da uomo. Perfetto per l’esortazione di Papa Francesco davanti alla nazionale di calcio italiana, un campione nella vita prima che nello sport. Esiste un modo per essere campioni nella vita e nello sport?

C’è lo sport di Lance Armstrong che stravince tutte le gare ciclistiche, abusando del doping e del suo stato di malato di cancro, della nazionale giamaicana di atletica leggera, un po’ meno simpatica di quella di bob (vi ricordate il film della Disney?) pizzicata a far uso di sostanze proibite. Di Manuela di Centa “curata” dal professor Conconi, di Miccoli che insulta Borsellino, al telefono con il figlio di un boss mafioso. Della Juve che conta anche i campionati arrangiati, del Milan che compera Balotelli a fini elettorali, della Idem che da ministro fa dubitare della sua caratura di campionessa. Dei giornalisti che scoprono solo ora che quell’anno oltre a Pantani erano tutti dopati o dell’ultimo Tour de France con Froome che sulla salita del Mont Ventoux sembra una motocicletta. Della Pellegrini e di Magnini, della Gazzetta dello Sport, sempre più rosa e pomposa.

Poi ci sono Borgonovo, che fino all’ultimo cerca di far capire che questo sport è affetto da Sla, che è malato di cronisti ignoranti e urlanti, di presidenti incapaci e faziosi. Uno sport in cui l’ordine d’arrivo viene stabilito non dal giudice di gara ma dai controlli antidoping, privandoci del gusto della grande prestazione e facendoci assaporare ogni volta l’amaro del dubbio (aspettando la volta di Usain Bolt). C’è lo sport del terzo anello dello stadio di San Siro, costruito per i mondiali di Italia ’90, orchestrati da Luca di Montezemolo, dove non riesce più a crescere l’erba del campo, sacrificata ai primi orrori di tangentopoli.

Ci sono poi Alex Ferguson, l’allenatore del Manchester United, che si ritira, dopo aver insegnato a tutti come si vince, ma soprattutto come si perde. C’è Alessandro Del Piero che in una partita decisiva contro l’Inter calcia in tribuna un rigore regalato dall’arbitro alla Juve. C’è Simone Farina, che rifiuta 200.000 euro per vendere una partita e che da allora non gioca più a calcio. Ci sono Fausto Coppi e Gino Bartali che si passano la borraccia, Soldini che devia dalla propria rotta, di una regata che sta vincendo, per salvare la velista francese Isabelle Autissier. C’è Eric Cantona il centravanti del Manchester United, che dichiara che il suo più bel goal è stato un passaggio a Ryan Giggs.

Lo sport per cui vale la pena di sfidarsi ancora in una partitella di calcio tra scapoli e ammogliati, essere felici anche se si arriva secondi, portare la maglia nera al Giro d’Italia o tifare per la squadra femminile di tiro con l’arco del proprio paese, che forse non verrà ricevuta da Francesco. Un Papa che sta giocando anche lui la sua grande sfida, quella di riformare lo Ior, il suo vero banco di prova, e che forse riuscirà a farsi preferire all’aria condizionata, invertendo così l’approccio scientifico di Woody Allen, nel film Harry a pezzi.