Pranzo di fuoco per Bergoglio e Bertone. E non per le temperature estive di Castel Gandolfo. Il segretario di Stato di Sua Santità non vuole uscire di scena e ha chiesto al Pontefice un nuovo incarico. “Torno a Roma a svolgere i compiti che Papa Francesco, che è un vulcano inesauribile, ci assegna tutte le settimane per non dire tutti i giorni”. Così, qualche giorno fa, Bertone aveva salutato le montagne di Introd, in Valle d’Aosta, dove ha trascorso la sua ultima vacanza da “premier” del Papa, durata soltanto nove giorni, dopo aver accompagnato Francesco in Brasile per il suo primo viaggio internazionale. “Dopo questa ossigenazione nelle montagne della Valle d’Aosta – aveva aggiunto Bertone parlando con i giornalisti – spero di continuare il mio lavoro, il mio servizio, anche nelle calure di Roma”.

Da Casa Santa Marta l’inquilino della suite 201 aveva ascoltato in silenzio le affermazioni del suo “capo del governo” ai microfoni dei cronisti convinto che quello fosse un modo per preparare la sua uscita di scena dopo 5  mesi dall’inizio del nuovo pontificato. Ma Bergoglio si sbagliava. Ritornato a Roma Bertone ha chiesto subito di poter incontrare il Papa per esporgli le sue richieste per la sua exit strategy. Francesco, però, non ha avuto fretta di riceverlo subito. Ha cercato di allontanare il calice amaro temendo che tra i due si sarebbe arrivati alla resa dei conti, che in Vaticano chiamano con l’espressione evangelica redde rationem riprendendo una frase di Gesù (“Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore”). Bertone ha intuito e prudentemente non si è presentato né all’udienza delle nazionali italiana e argentina con il Papa, il 13 agosto, né all’indomani allo stadio Olimpico per la partita amichevole in onore di Francesco. “Dev’essergli costato davvero molto – sottolinea chi lo conosce bene – non partecipare ai due eventi sportivi”.

Il Papa e il suo “premier” non hanno forzato l’agenda attendendo di vedersi, come già previsto, il 15 agosto per la messa di Francesco a Castel Gandolfo, concelebrata proprio da Bertone e dal suo predecessore Angelo Sodano. Al termine dell’Angelus Bergoglio si è congedato dalla folla con il suo consueto “buon pranzo”. A lui toccava quello con Bertone a villa Barberini, residenza estiva del segretario di Stato a Castel Gandolfo. E per Francesco le pietanze sono diventate subito indigeste. Bertone ha chiesto al Papa, una volta nominato il suo successore alla guida della segreteria di Stato, di avere un altro incarico che possa così non farlo uscire completamente di scena, ma soprattutto possa funzionare da parafulmine ai numerosi attacchi che altrimenti riceverebbe, dentro e fuori la Curia, da coloro che sono rimasti a dir poco scontenti della sua gestione e che lo reputano primo e unico responsabile delle dimissioni di Benedetto XVI.

Bertone, che il prossimo 2 dicembre compirà 79 anni, ha fatto notare a Bergoglio che il suo predecessore Angelo Sodano quando lasciò la guida della segreteria di Stato nel 2006 rimase decano del collegio cardinalizio, carica che ricopre tutt’ora all’età di 86 anni. Il porporato salesiano pensa a qualcosa di analogo per sé, ma la soluzione al problema l’ha offerta lui stesso a Papa Francesco. Benedetto XVI prima di lasciare il pontificato gli ha rinnovato per 5 anni, ovvero fino al 2018, la presidenza della commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior. Per il codice di diritto canonico, però, Bertone non potrà ricoprire questa carica fino alla scadenza naturale del mandato. Esso, infatti, prevede che al compimento degli 80 anni i porporati perdono il diritto di entrare in conclave e decadono automaticamente da tutti gli incarichi nella Curia romana. Tranne, ovviamente, se il Papa non dispone in modo diverso, ma limitatamente alla seconda parte della norma ecclesiastica. Ed è ciò che vuole Bertone: lasciare la segretaria di Stato, ma non la presidenza della commissione cardinalizia di vigilanza sulla banca vaticana.

Una richiesta che ha lasciato l’amaro in bocca a Bergoglio colpevole, secondo il cardinale di New York e presidente dei vescovi Usa Timothy Michael Dolan, di non aver rimosso subito dopo il conclave Bertone e di averlo portato con sé in Brasile offrendogli una vetrina eccezionale dopo tutte le accese critiche che aveva ricevuto durante le dieci congregazioni generali che hanno preceduto il conclave di marzo. “Sono di più gli scontri che lo hanno visto protagonista che gli interventi per tracciare il profilo che avrebbe dovuto avere il nuovo Papa”, sussurra un anziano cardinale. A molti alti prelati non è piaciuta nemmeno la scelta di Bertone di trascorrere alcuni giorni di vacanza nella villetta di Introd che aveva ospitato Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. “Un gesto di pessimo gusto”, lo definisce un anziano presule che aggiunge: “Non mi stupisce che sia andato a dormire nella villetta pontificia che ha ospitato il Papa santo e il Papa emerito. Per lui il pontificato rimarrà per sempre soltanto un sogno”.

Proprio al suo arrivo a Introd, Bertone, rompendo mesi di silenzio, aveva affermato che la riforma della banca vaticana era stata avviata prima di Bergoglio. ”Io sono presidente della commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior – aveva precisato il porporato – e questo processo l’abbiamo iniziato già prima dell’arrivo di Papa Francesco”. Pronta la risposta di Bergoglio che l’8 agosto, con Bertone in ferie, aveva firmato un motu proprio per il contrasto del riciclaggio di denaro che avviene proprio nella banca vaticana, rafforzando i poteri di controllo dell’Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede presieduta dal cardinale Attilio Nicora, nemico acerrimo del porporato salesiano che lo aveva estromesso dalla commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior.

La domanda del cardinale Dolan è quella che si fanno tutti dentro e fuori il Vaticano: perché Francesco non ha ancora rimosso Bertone? La risposta è tutta nell’inedita presenza di due Papi in Vaticano. Bergoglio sa bene quanto il cardinale salesiano sia nel cuore di Benedetto XVI, nonostante il loro “duumvirato” abbia portato Ratzinger alle dimissioni. E Francesco, sostituendo Bertone a settembre dopo il viaggio in Brasile, pensava di rendere meno traumatica la successione alla guida della segreteria di Stato. Ma si sbagliava.

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