“L’Italia non è un paese per giovani”. Forse neanche per i festival che animano l’estate in tanti altri Paesi europei, dall’Olanda alla Spagna. Ed è proprio qui che è approdata una delle manifestazioni musicali e socio-culturali più famose nate in Italia e poi costretta a trasferirsi altrove. Si tratta del Rototom Sunsplash, il più importante evento europeo di musica reggae che dal 2009 ha dovuto lasciare la regione Friuli per traslocare a Benicassim, città della Comunidad valenciana che si affaccia sul Mediterraneo. La storia, a tratti surreale, di un’iniziativa di successo giunta alla ventesima edizione e obbligata a trasferirsi in Spagna. Portandosi via il suo capitale umano e un pubblico proveniente da mezzo mondo, che dal 17 al 24 agosto raggiungerà la cifra record di 240mila presenze ed una dote, in forma di indotto, alla città di Benicassim del valore di ben 12 milioni di euro.
“La Spagna ha una solida cultura di festival e le autorità sanno bene quanto siano importanti questi spazi di intrattenimento per la gente e per l’economia”, racconta Filippo Giunta, presidente dell’associazione che organizza il festival. Una volta scelta la via dell’ “esilio”, dopo un’edizione del 2009 resa difficile dalla linea dura delle forze dell’ordine italiane contro i consumatori di cannabis, l’associazione Rototom approda nel comune di Benicassim, accendendo i riflettori della scena musicale internazionale su questo piccolo centro costiero non distante da Valencia. E se da Osoppo se ne erano andati con un avviso di garanzia per istigazione al consumo di stupefacenti, accompagnati alla porta da una parte di politica soddisfatta della decisione, al loro arrivo in Spagna hanno trovato una delegazione del comune di Benicassim, capeggiata dal sindaco, che li ha accolti con una cerimonia ufficiale. “Organizzare eventi qui è tutta un’altra cosa”, prosegue Giunta. “Le autorità locali ti assistono, cercano sinergia ed evitano inutili atteggiamenti vessatori. Grazie anche al loro supporto in quattro anni abbiamo raddoppiato le presenze rispetto all’edizione italiana, creato una realtà di portata mondiale, con una programmazione internazionale e dibattiti di alto profilo. Senza dimenticare che un evento come il Rototom fa lavorare, nel mese del festival, oltre duemila persone”.
Un modello Made in Italy che ha ricevuto attenzione e addirittura il patrocinio dell’Unesco come “evento emblematico del decennio internazionale per una cultura di pace e non violenza”. Ma di cui il Belpaese ha preferito sbarazzarsi. E la storia del Rototom è anche quella degli organizzatori e dei dipendenti che hanno subìto una svolta drammatica all’indomani della decisione di andarsene dall’Italia. “Non è stato facile lasciare un luogo dove avevamo investito tante risorse”, racconta Claudio Giust, cofondatore del festival e parte del gruppo dei trenta che si è trasferito in pianta stabile a Benicassim, “ma la situazione era diventata insostenibile. A quel punto devi prendere decisioni drastiche e in fretta. Per quanto mi riguarda – prosegue – ho lasciato una vita e ho dovuto ricominciare tutto da capo”. Significa cercare casa e costruire una rete di conoscenze da zero, “senza contare che al mio arrivo – precisa – non parlavo una parola di spagnolo. Inoltre, trasferire il Rototom in Spagna era una scommessa piena di incognite. Alla fine, fortunatamente, le cose sono andate oltre le più rosee aspettative”.
Giust non ha rimpianti: “Per la prima volta posso dire che lavoro come organizzatore di eventi senza che nessuno, come spesso accadeva in Italia, mi guardi pensando sia un perditempo oppure che la mia sia solo una copertura per qualche attività illecita. Dopo anni di duro lavoro ho ottenuto il riconoscimento che aspettavo”. La pensa alla stessa maniera Teresa, laureata in Comunicazione e responsabile dell’ufficio stampa. “Avevo una vita e diverse attività a Udine e la decisione di lasciare tutto e seguire il Rototom non è stata presa a cuor leggero. Ma piuttosto che restare in Italia ho preferito fidarmi di quelle persone con cui avevo lavorato per anni e seguirle nell’avventura spagnola. E posso dire di aver fatto bene”. Alla domanda se esista una possibilità che l’evento torni in Italia, la risposta è netta: no, non ci sono le condizioni. Né tantomeno l’interesse delle amministrazioni.