“Hanno vinto loro”. Allarga le braccia il 25enne Carmine Parisi. “Hanno vinto loro, non c’è dubbio”, rinforza il concetto il quasi 50enne Antonio Domini, ex sindaco Ds di Agropoli, Comune di 20mila abitanti in provincia di Salerno, punto di riferimento di Parisi e di altri esponenti dei Giovani democratici (Gd) locali nelle battaglie di legalità e di opposizione al sacco edilizio di una parte del Cilento. “Loro” sono i “papaveri” del Pd campano e nazionale. Quelli che hanno espulso Parisi e Domini dal partito per aver osato criticare l’azione di un sindaco del Pd, Francesco Alfieri, e che ora tace sulle inchieste e sulla richiesta di arresto (respinta) con accuse di corruzione che hanno raggiunto il primo cittadino nell’ambito dell’inchiesta “Due torri” chiusa il 31 luglio scorso. Un’indagine sull’assegnazione degli appalti alla Provincia di Salerno negli anni in cui Alfieri ricopriva il ruolo di assessore ai Lavori pubblici.
E’ il trionfo del doppiopesismo di convenienza. Chi denuncia, documenti alla mano, abusi, irregolarità e circostanze sospette, va cacciato “perché – parole della coordinatrice del Pd agropolese Cesarina Ricciardella – sta portando avanti un’azione di delegittimazione dell’operato politico e amministrativo del governo cittadino”. Chi viene colpito da quelle denunce che si rivelano poi fondate, resta nel Pd e ne viene difeso. Ad Agropoli, un anno dopo il reportage de ilfattoquotidiano.it, la situazione è diventata surreale. Parisi, Domini e una decina di ragazzi che animavano iniziative politiche controcorrente, hanno deciso di non provare nemmeno a chiedere di nuovo la tessera Pd. “Io e altri amici restiamo nei Gd, io faccio parte della segreteria regionale – spiega Parisi – ma perché iscrivermi di nuovo al Pd, un partito che è rimasto sordo alle questioni che sollevavamo, anzi, consentendo ad Alfieri di rafforzarsi fino al punto di fare eleggere una deputata di riferimento?”. Questioni delicate, quelle portate avanti da Parisi attraverso il giornalino ‘Trasparenza e legalità’, come gli interessi delle ditte edili riconducibili ad alcuni amministratori locali. Ed il ruolo del sindaco-avvocato Alfieri come “garante” di un patto del mattone.
Vengono in mente le parole del segretario salernitano del Pd, Nicola Landolfi, dell’estate 2012: “Alfieri non ha avuto nemmeno un avviso di garanzia. Se e quando lo riceverà, ne discuteremo”. L’avviso è arrivato a fine luglio, al termine di mesi trascorsi sulla graticola della pubblicazione di stralci di verbali e di intercettazioni imbarazzanti per l’eccessiva confidenza di Alfieri (definito “il santissimo” in un’intercettazione telefonica”) con Giovanni Citarella, il discusso imprenditore edile deus ex machina di un cartello di imprese che si spartivano a tavolino la torta degli appalti pubblici, col quale il sindaco discuteva di case da acquistare a Roccaraso e altro. La Procura di Salerno accusa Alfieri di aver intascato in due tranches una tangente da 25mila euro da una ditta di Capaccio per “orientare” quattro appalti quando ricopriva anche il ruolo di assessore provinciale ai Lavori pubblici della vecchia giunta di centrosinistra. Il pm Rosa Volpe ne aveva chiesto l’arresto, il gip ha valutato diversamente, peraltro Alfieri proprio un mese fa si è dimesso da consigliere provinciale perché, dopo 7 anni di doppi incarichi ha deciso di dedicarsi a tempo pieno al ruolo di primo cittadino.
Ovviamente la dirigenza del Pd non ha avviato nessuna discussione su di lui. Dividendosi tra un silenzio complice e qualche difesa d’ufficio. Nulla di fronte alla gragnuola di fuoco esplosa contro gli oppositori interni di Alfieri. Sottoposti a procedimenti disciplinari, sconfessati, sospesi, di fatto allontanati. Solidarietà politica è arrivata solo dall’ex parlamentare Idv Franco Barbato, che l’anno scorso ha firmato un paio di interrogazioni, e da Antonio Ingroia, che ha candidato Domini alle ultime elezioni politiche in Rivoluzione civile.
Insomma, nel Pd vige la regola “non disturbare il manovratore”. E le sue ambizioni. Alfieri non nasconde di mirare al consiglio regionale, spera di aiutare l’amico Vincenzo De Luca a diventare il nuovo governatore della Campania. Al parlamento non poteva candidarsi, avrebbe dovuto dimettersi da sindaco. Per il momento ha fatto eleggere alla Camera la giovanissima Sabrina Capozzolo, vigile urbano stagionale di Agropoli. Capozzolo è la segretaria del circolo Gd, emersa dopo una frattura tra pro e contro Alfieri che ha visto anche qui vincere “loro”. Lei ha conquistato un posto in lista grazie al boom delle parlamentarie ad Agropoli, dove, secondo un ricorso dell’ex senatore Alfonso Andria, il 30 dicembre hanno votato 1071 persone, 331 in più degli aventi diritto che erano appena 740. Alfieri ha fatto campagna per lei e l’11 febbraio a un comizio ha detto: “E’ come se fossi io il candidato”.
Tre giorni dopo gli è piombato addosso il primo avviso di conclusa indagine: omissione d’atti d’ufficio e sottrazione di beni sottoposti a confisca con l’aggravante del metodo mafioso, con l’accusa di non aver impedito a un clan criminale di etnia rom di reimpossessarsi di tre appartamenti affidati al Comune affinché venissero destinati ad un uso sociale. Curiosamente “L’aggravante del metodo mafioso” è il titolo di un libro di Chiara Fiore e Mario Valiante presentato il 27 luglio ad Agropoli alla presenza di Alfieri, Capozzolo e dell’ex procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito. Tre giorni dopo è piombata addosso al sindaco l’inchiesta sugli appalti. “Una ritorsione – dice – mi sono opposto a chi mi accusa. Ma vi pare che io che ho gestito lavori per 700 milioni mi sarei venduto per 25mila euro”? Intanto già calcola la prescrizione: “Per l’episodio del 2006 è ormai scattata, per quello del 2007 è vicina”. Alfieri è innocente fino a prova contraria. Ma nel Pd la “presunzione di colpevolezza” è valida solo per chi si è permesso di contrastarlo.