Tra i due litiganti l’ex raìs gode. In attesa che i Fratelli musulmani rispondano – a parole o con l’uso della piazza – alle parole del capo della giunta militare dal volto democratico (impersonato dal presidente ad interim Mansur) Al Sisi, è stato annunciato che Mubarak potrebbe essere presto liberato. Il malconcio ex presidente sotto processo per le violenze del suo regime nel reprimere la primavera di piazza Tahrir rappresenta il simbolo dell’Egitto del passato, sostituito dall’Egitto del futuro di Morsi, il leader dei Fratelli Musulmani vincitore delle elezioni nel 2012 e cacciato meno di due mesi fa e posto agli arresti.
Anello di congiunzione temporale tra Mubarak e Morsi i generali determinano tutto il presente del gigante che unisce geopoliticamente Mediterraneo, Maghreb e Medio Oriente.
Al Sisi ha usato parole che possono parere di apertura, in realtà costruiscono un percorso angusto per le mosse dei Fratelli musulmani che se vogliono restare un movimento politico ufficiale devono sottostare alle regole della “lotta al terrorismo” con le quali le forze armate spacciano il rigido controllo del Cairo e del resto del paese, di cui alcune parti sfuggono però al diretto controllo militare come dimostra il massacro di agenti compiuto da gruppi – questi sì davvero terroristici – nella nevralgica e importantissima penisola del Sinai, che segna il confine con Israele e dove passa il Canale di Suez, prima voce dei proventi economici dell’Egitto (tanto più ora che il turismo è di fatto bloccato).