Oltre 30mila anni fa, sugli Appennini piacentini, era insediato un accampamento di cacciatori. La scoperta fatta a Cassimoreno, nella frazione di Ferriere nell’alta Valtrebbia, è di un gruppo di archeologi dell’università di Ferrara.
“L’eccezionalità è che questi manufatti sono inglobati all’interno dell’argilla e sono quindi rimasti nella loro posizione in cui vennero abbandonati. Di solito capita nelle grotte, mentre a una quota del genere è straordinaria. Abbiamo una fotografia decisamente unica di un accampamento di quel tempo”, ha spiegato a ilfattoquotidiano.it l’archeologo che coordina la squadra, Marco Peresani. E infatti da sabato diverse persone stanno visitando la zona degli scavi, aperta dagli archeologi. Tutte incuriosite dal lavoro degli esperti, in attesa, come sperano, “si possa avere qui un punto fisso di studio”.
Sui reperti archeologici, che si trovano sulla tratta di sentiero che va da Cassimoreno alle Pianazze – all’altezza di Piovesello – lavorano da giorni gli studiosi, che si sono imbattuti anche in una particolare roccia denominata Diaspro Rosso. Sulla base delle prime informazioni raccolte, si tratterebbe di materiali riconducibili alla presenza, nella Preistoria, di insediamenti di cacciatori nomadi in mezzo ai ghiacciai. Sono loro che – secondo gli archeologi – utilizzarono i frammenti di roccia come arnesi da caccia o strumenti per la lavorazione delle carni e delle pelli. “Sono la testimonianza di un accampamento di cacciatori paleolitici, le potenzialità sono notevoli. Grazie ai permessi della Sovrintendenza archeologica dell’Emilia Romagna, al sostegno del Comune di Ferriere e ai musei di storia naturale di Milano e Piacenza pensiamo di avviare un lungo progetto, di tre-quattro anni, per mettere a nudo i resti di questo accampamento nella loro totalità”, ha fatto sapere Peresani. Tramite la tecnica del radiocarbonio è stato accertato che i reperti risalirebbero a circa 30mila anni fa: finora non si erano mai trovati sull’intero arco appenninico resti così antichi.
di Gianmarco Aimi