Oggi è l’Earth overshoot day, il giorno del superamento delle capacità della terra. Da oggi l’umanità ha esaurito le risorse naturali rinnovabili che aveva a disposizione per l’intero 2013. Questo significa che in poco meno di otto mesi sono state consumate le riserve di cibo (vegetale e animale), acqua e materie prime che sarebbero dovute bastare fino a fine dicembre, immettendo nell’ambiente (suolo, fiumi, mari, atmosfera) una quantità di rifiuti e inquinanti superiore alla capacità di smaltimento del pianeta.
L’Earth overshoot day viene calcolato dal Global footprint network, un’organizzazione senza scopo di lucro che si occupa di ricerca sulla sostenibilità ambientale con collaboratori sparsi tra Stati Uniti, Australia, Europa e Giappone. Il giorno del “superamento” si ottiene confrontando le risorse terrestri con il consumo che ne viene fatto, utilizzando quest’equazione: (capacità biologica mondiale/consumo ecologico mondiale) moltiplicato per 365. La data che si ricava è approssimativa. Potrebbe, infatti, variare di qualche giorno in base ad alcune revisioni di calcolo. Anche considerando quest’oscillazione, comunque, il problema non cambia: entro la fine dell’anno nel mondo verranno usate più risorse di quante potremmo permetterci, equivalenti a quelle di 1,5 pianeti terra. Se continuiamo così nel 2050 avremo bisogno di più di due pianeti.
Come si legge nel comunicato dell’organizzazione ambientalista, diffuso in Italia dalla Rete civica italiana, il risultato di questo sfruttamento ambientale è sotto gli occhi di tutti: cambiamento climatico, riduzione delle foreste, perdita della biodiversità, estinzione di numerose specie animali, prezzi sempre più alti delle materie prime. La più grande consumatrice di risorse naturali e produttrice di scarti è la Cina, non soltanto per l’oltre miliardo e 340 milioni di abitanti (il consumo pro capite è di gran lunga minore di quello delle nazioni europee o nord americane) ma soprattutto a causa dell’industrializzazione selvaggia che sta portando avanti, accompagnata da una quasi totale assenza di regolamentazioni.
Secondo una recente inchiesta dell’Economist l’impatto ambientale del colosso asiatico è devastante: la Cina emette da sola il 30% dei gas serra globali ed è responsabile della crescita del 75% delle emissioni di anidride carbonica. Le emissioni totali cinesi di anidride carbonica tra il 1990 e il 2050 sono stimate in 500 miliardi di tonnellate, pari a quelle emesse nel mondo dall’inizio della rivoluzione industriale al 1970. Circa un quarto di questi gas derivano dai processi di realizzazione di prodotti che vengono esportati. Secondo il Global footprinter network, per soddisfare la domanda e il consumo di risorse la Cina dovrebbe avere a disposizione uno spazio pari a due volte e mezzo quello attuale.
Non è però l’unica “colpevole”. Altri Paesi industrializzati non sono da meno: noi italiani consumiamo risorse ecologiche pari a 4 volte le capacità del territorio su cui viviamo; la Svizzera 4 volte e mezzo; il Qatar 6 volte; il Giappone 7. Oltre l’80% della popolazione mondiale vive in nazioni che utilizzano più di quanto i loro ecosistemi possano produrre in modo rinnovabile. La situazione è insostenibile. E mentre il Footprint network chiede ai governi e alle società industriali e finanziarie di invertire la tendenza, c’è chi cerca soluzioni alternative. Come ha scritto di recente il Financial Times, il milionario Peter Diamandis, cofondatore di Planetary resources, è indirizzato verso soluzioni extraterrestri, intenzionato com’è a realizzare il suo progetto di estrazioni di materie prime dagli asteroidi. E c’è chi va oltre, come Elon Musk, imprenditore multimilionario sudafricano, cofondatore di Paypal, SpaceX e Tesla, promotore del progetto per colonizzare Marte con 100mila volontari che partiranno, si stima, nel 2024 con un viaggio di sola andata. “Oramai la terra è compromessa e lasciarla, emigrando su altri pianeti, è l’unica soluzione possibile per evitare l’estinzione”, ha detto nei mesi scorsi motivando la sua futuristica missione.