Silvio Berlusconi ha dichiarato ufficialmente che Letta cadrà con lui, in caso di voto della Giunta competente, inevitabile secondo legge, che decida la sua decadenza e incandidabilità. Magari fosse vero. Non si vede infatti quale possa essere per il Paese l’utilità di un governo che in vari mesi di vita ha prodotto ben poco e nulla davvero di positivo. Mentre, sulle questioni che contano per il futuro dell’Italia, dal tema fiscale a quello dell’occupazione, dalla questione dell’immigrazione ai diritti civili, restano fortunatamente differenti le posizioni dei due schieramenti, nonostante il lavorio sotterraneo di chi vorrebbe che Pd e Pdl finissero per assomigliarsi in tutto e per tutto, all’insegna di una sorta di continuità con la tradizione storica della Democrazia Cristiana che assuma peraltro le parti peggiori di quell’esperienza ormai tramontata.
Al momento sono tuttavia almeno quattro i punti sui quali i settori attualmente dominanti dei due partiti in questione si ritrovano. Primo, la continuità dei privilegi della casta, in termini di appannaggi personali ma soprattutto di occupazione del potere, debitamente spartito e compresi i nuovi disegni di speculazione, a partire dalle cosiddette grandi opere, e relative lobby, per non parlare dei disegni scellerati di svendita del residuo patrimonio pubblico. Secondo, la volontà di rappresentare la garanzia necessaria agli occhi dei poteri forti internazionali, dalla Merkel a Obama alla finanza, che nulla di quello che potrebbe in qualche modo preoccupare tali poteri sarà fatto. Terzo, data la non volontà di procedere a qualsivoglia reale trasformazione del sistema socioeconomico italiano in qualcosa di meno iniquo, la scelta di far ricadere i costi della crisi unicamente sui settori cosiddetti deboli, che in realtà costituiscono la grande maggioranza del popolo italiano. Quarto, il progetto di scardinare la Carta costituzionale mediante la modifica dell’art. 138, Carta che a ragione considerano un ostacolo all’attuazione del programma descritto.
Dato l’accordo sostanziale su questi tre punti strategici, di cui Giorgio Napolitano si è reso da tempo nume tutelare, tutto il resto, comprese le tematiche su cui ancora si registra qualche differenziazione, che ho citato prima, e compresa soprattutto la situazione personale del leader della destra, passa in secondo piano. Ma quest’ultima faccenda, in particolare, rischia di diventare esplosiva e determinare la fine di Letta e dei tre punti menzionati. Si fatica infatti a immaginare che cosa potrebbero inventarsi per evitare che la Giunta per le elezioni del Senato si pronunci dichiarando la decadenza di Berlusconi dalla sua carica. E perché ciò provochi la dissociazione del Pdl dalle larghe intese e la conseguente fine del governo Letta.
Si fatica, ma non è detto che non ci riescano, dato il valore strategico dei tre punti di convergenza tra Pd e Pdl e la strabiliante “fantasia” di cui lorsignori riescono a dar prova quando loro conviene.
Un motivo in più per rilanciare con forza la mobilitazione sui seguenti punti:
1. governo di scopo, sostenuto da chi ci sta,per una nuova legge elettorale democratica e misure di emergenza a favore di disoccupati e piccole imprese. Poi nuove elezioni.
2. difesa e rilancio della Costituzione repubblicana convergendo tutti sulla grande manifestazione prevista per il 5 ottobre
3. sia fatta giustizia senza sconti a nessuno, per battere mafie e corruzione
4. eguaglianza totale tra cittadini e immigrati, abolizione della sciagurata legge Bossi-Fini, jus soli e politica di accoglienza nei confronti dei rifugiati
5. ruolo attivo e indipendente dell’Italia sullo scenario internazionale, ritiro delle truppe dagli scenari di guerra