Il debito dei Paesi del Terzo mondo è diventato “un’ingiustizia sociale“. E l’obbligo di rimborsarlo è un falso “dovere morale“, creato da retaggi ereditati dal passato e storture tutte moderne. A sostenerlo è David Graeber, noto per la sua partecipazione al movimento di protesta Occupy Wall Street.
In un’intervista al settimanale francese L’Express, l’antropologo e attivista anarchico statunitense si scaglia contro il meccanismo del debito, che asfissia decine di Paesi in via di sviluppo. E ormai, con la crisi economica degli ultimi anni, non più solo quelli. Graeber ha pubblicato un’opera monumentale a riguardo (oltre 100mila copie già vendute), dal titolo Debito: 5.000 anni di storia. Tutta centrata su una sola domanda: “Cos’è che rende il rimborso del debito un dovere morale così imperativo?”.
Lo studioso ritorna sulle ragioni sulle pagine dello storico settimanale francese: “Il potere morale del debito proviene dal fatto che si tratta di una promessa contratta liberamente, un atto di civiltà iscritto nel codice dei nostri rapporti sociali. Ma questa promessa può essere corrotta e invalidata da un misto di violenza e truffe finanziarie“. “Tutto va bene – prosegue Graeber – finché il debito è contratto fra essere umani posti ad un livello paritario. Ma il problema è il preesistente rapporto di disuguaglianza fra creditori e debitori nella nostra società”. Per spiegarlo, l’antropologo risale fino all’origine dell’ideologia capitalista: “Nel pensiero di Adam Smith, icona del neoliberismo, il denaro era inteso come strumento per liberarsi dal baratto, e dar vita ad una società ideale in cui nessuno deve niente a nessuno”. La realtà, però, è ben diversa: a causa delle logiche del mercato finanziario e del capitalismo più spinto, “l’uomo moderno ha finito per ridursi in in schiavitù“. E “quando si trasforma in uno strumento d’asservimento il prestito diventa deprecabile“.
Quanto alle cause che hanno originato il convincimento che un debito vada sempre e per forza restituito, bisogna spingersi ancora più indietro nella storia. Al pensiero cristiano o dell’antica Grecia: “Fin dall’inizio della specie umana, si parla di uomini che sono per natura debitori. Nei confronti della divinità, ad esempio, a cui devono fare sacrifici o penitenze come prezzo della loro vita sulla terra”. A radicarlo, poi, hanno contribuito anche dei falsi miti: “A lungo si è raccontato che l’economia primitiva era fondata sul baratto. Balle. Non era il commercio, ma il dono che animava le relazioni sociali e generava delle obbligazioni reciproche”.
Un valore che pare essersi perso col passare dei secoli e l’affermarsi della legge del più forte. Persino la nostra lingua – sottolinea Graber – è profondamente segnata da questo erroneo senso dell’obbligazione. “Ringraziare in inglese si dice ‘Thank you’, dal verbo ‘think’ (‘pensare’). Ovvero: ‘Mi ricorderò in futuro di questo tuo gesto'””. E quindi sarò ‘costretto‘ a ricambiarlo. E ancora: “In francese ‘merci’ viene da ‘essere alla mercé di qualcuno’, in posizione di subordinazione, dunque”.
Graeber tiene poi a precisare di non essere un ‘estremista‘: “Io non sono per la cancellazione di tutti i debiti. Dico solo che bisogna combattere l’ingiustizia“. Un’ingiustizia che si mostra trasversale a tutto il mondo occidentale: “L’America, intransigente nei confronti del Terzo Mondo, ha a sua volta accumulato un debito uguale a quello del resto del pianeta, solo in ragione delle sue ‘avventure’ militari. Ed è proprio la potenza della sua armata che le permette di mantenere la sua posizione egemonica sul mondo”. Mentre in Europa in governi ormai “dipingono l’austerità e la sofferenza sociale come un sacrificio necessario, dettato dalla morale”.
Per l’antropologo tutto ciò è profondamente sbagliato. E pericoloso. “La situazione è esplosiva: l’indebitamento è la principale causa di disordini e rivolte, ancora più della volontà di cambiare la società. Lo dimostra la storia. E la nostra crisi – conclude lo studioso – assomiglia tanto ai grandi episodi di ingiustizia sociale che in passato hanno portato al crollo di intere civiltà“.