Nel febbraio del 2012 scrivevo che in una crisi come quella attuale il problema era reso più complesso dalla contemporanea presenza di almeno tre fenomeni: 1) il radicale cambiamento degli scenari macroeconomici (trattato da tutti) ; 2) il declino dell’industria delle aziende di credito di tipo tradizionale, né più né meno come nel corso dei decenni sono entrate in crisi altre forme di industria tradizionale, dalla manifatturiera alla estrattiva, dal tessile all’automotive (meno trattato) 3) la risposta “manageriale” finora fornita ai cambiamenti in atto (praticamente assente).
In particolare quest’ultimo punto andrebbe esaminato non solo sul versante strategico, ovvero della capacità di anticipare i cambiamenti in atto per modificare i propri modelli di business, ma soprattutto sul versante dei modelli con cui operano quotidianamente le banche.
Su questo aspetto chiunque abbia esperienza delle strutture che, anche su indicazione delle nostre Autorità di vigilanza, definiscono, adattano, amministrano o vigilano sull’applicazione della legislazione bancaria attraverso le cd. “procedure interne” non può non condividere che avere a che fare con quelle procedure fa assomigliare un viaggio nel medioevo ad un audace balzo nel futuro.
Esagerazione giornalistica o qualunquismo generalista? Un mese fa, per autorizzare il rilascio di una chiavetta per l’accesso “on line”, una primaria banca italiana ha richiesto quattordici (QUATTORDICI !) firme su un modulo scritto in corpo 6 o 8 e composto di tredici (TREDICI !) pagine.
A cosa servano quattordici firme e quale garanzia possano fornire alla banca o al cliente è probabilmente uno dei misteri meglio custoditi del nostro sistema bancario; ovviamente modulo e nome della banca sono a disposizione di chi si volesse togliere la curiosità, ma sono certo che nessuno del settore o tra le Autorità avrà bisogno di chiederlo dato che la inutile generazione di moduli incomprensibili non solo non costituisce un caso isolato di follia regolamentare, ma sta addirittura crescendo man mano che gli strumenti informatici ne amplificano la potenza distruttrice .
In conclusione, certamente l’industria della finanza e quella del credito stanno attraversando una fase di trasformazione; certamente i modelli di gestione dovranno essere profondamente rivisti, ma se nel frattempo qualcuno desse un segno concreto imponendo di modernizzare e semplificare sia la normativa, sia gli attuali processi operativi, per molti di noi sarebbe più facile sentirci cittadini moderni e non sudditi medievali, per le banche sarebbe più difficile giustificare la mancata modernizzazione del settore, l’eccessiva regolamentazione e la continua proliferazione di moduli e procedure di kafkiana memoria e per il sistema in generale tornare a richiedere o ad erogare credito non sulla base di modelli e di procedure, ma dell’effettivo valore dell’iniziativa e della capacità di rimborsare quanto ricevuto.